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Pimonte, combattiamo le misoginia nelle nostre vite, non la scellerata uscita di un sindaco

Il sindaco di Pimonte è finito alla forca dei social network per aver definito lo stupro di una quindicenne ‘un bambinata’, perché gli aguzzini erano minorenni. Un commento sciagurato e odioso, ma serve davvero prendersela (per poche ore) con il sindaco? Non è più utile combattere la mentalità di sopraffazione maschile ogni giorno, nelle nostre vite? Solo così, forse, risarciremo un po’ quella quindicenne stuprata e costretta ad andarsene all’estero perché emarginata da una comunità indifferente.
A cura di Angela Marino
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Come lo vogliamo chiamare? ‘bambinata'. Incredibilmente naif, Michele Palummo, sindaco di Pimonte, minuscolo paesino di seimila anime alle pendici dei Monti Lattari, così definisce lo stupro di gruppo di una ragazzina di 15 anni da parte di 12 coetanei, tra cui il fidanzato, avvenuto a luglio di un anno fa.

Classe 1944, dall'alto della sua carica e dei suoi 73 anni di età, passati nella piccola Pimonte, il sindaco si esprime così su un episodio di intollerabile barbarie, in una intervista per  ‘l'Aria che tira' sui fatti che hanno interessato la sua comunità. Un suicidio, ma lui non lo sa. ‘Bambinata' uno stupro di gruppo? lo inchioda il giornalista, consapevole che quella finestra di cronaca locale sta per occupare le pagine nazionali. "Sono tutti minori, cosa ci si può aspettare?" insiste, meno convinto, aggrappandosi a una discutibilissima logica anagrafica che non fa che peggiorare la sua posizione.

"Ci si deve aspettare che violentino una ragazza?" lo incalza il giornalista. "No, assolutamente", ritratta, ma ormai è fatta. ‘Bam-bi-na-ta' sono le quattro sillabe che lo condanneranno a bersaglio preferito dell'odio su Facebook. Per circa due giorni, più o meno. Partono i tag a catena sul link con l'intervista, le citazioni dei politici a margine di eventi di trascurabile importanza, i siparietti dedicati al caso nell'intrattenimento televisivo del pomeriggio. Passerà momenti difficili, il sindaco della civica ‘Pimonte libera', la sua casella di posta tracimerà di messaggi di insulti, poi il popolo del web si appassionerà a un'altra battaglia.

Il suo è stato solo l'episodio occasionale di una malattia di massa chiamata ‘misoginia'. La stessa che affligge quegli uomini di mezza età seduti al tavolino della piazzetta di Pimonte. Interpellati dai giornalisti sul fatto che la vittima, a un anno dalla tragedia sia stata costretta ad andarsene all'estero, perché emarginata dalla comunità pimontese, girino i tacchi e se ne vanno. Chi se ne importa, è passato, e comunque lei se lo sarà meritato, no?

Quanto ci piace parlare di lotta alla violenza sulle donne, ma la verità è che la mentalità di sopraffazione maschile, in Italia, è vergognosamente imperante in ogni contesto e con qualsiasi stratificazione sociale. Lasciamo stare il sindaco Palummo, che avrà tempo e modo per riflettere su questo episodio, non è lui il nemico da combattere. Indirizziamo le nostre energie a contrastare l'arrogante machismo imperante nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nelle case. I semi della violenza maschile, i peggiori, sono nei gesti e nelle parole insignificanti. Iniziamo da lì, e sentiremo di avere fatto qualcosa per quella quindicenne che nessuno ha trattato come vittima.

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