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Perché questa Nazionale è lo specchio dell’Italia di oggi

La Nazionale è lo specchio del paese, un paese ancorato agli anni 90 che guarda con sospetto la tecnologia e pur di non cambiare si è affidata ad un ex DC.
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Se mettete assieme un Presidente ex Dc, una Federazione che si oppone alla tecnologia e un pacchetto di società che si uniscono in una lobby perversa che frena qualsiasi cambiamento potete ottenere due risultati: la nazionale italiana o l’Italia.

Perché la Nazionale di calcio è lo specchio del paese che ci piaccia o no. E’ lo specchio di un paese rimasto fermo agli anni 90. Un paese convinto che la tecnologia sia il male (meglio gli arbitri di linea, dice(va?) Abete); che i cori razzisti siano un problema da sanzionare “con un’ammonizione”; e che gli stadi di proprietà debbano essere realizzate secondo le solite regole del capitalismo italia: lo stato ci mette i soldi, gli imprenditori gli utili.

E’ lo specchio di un paese sul quale piomba la crisi perché non ha costruito il futuro ma si è crogiolato del passato. Così, mentre in Brasile gli stadi si dotavano de “l’occhio di falco” da noi si preferiva l’arbitro di linea. Mentre in Inghilterra si puntava sugli stadi di proprietà da noi si discute su affitti agevolati che il comune dovrebbe concedere (ma perché mai?). Perché mentre in Germania la Federazione e la Lega si uniscono per favorire i vivai da questa parte delle Alpi le “scugnizzerie” restano i proclami di qualche Presidente.

La Figc è lo specchio del paese. Con i suoi intrecci salottieri, con la politica eterna presente (e al tempo stesso assente), con i suoi industriali che chiedono regole ma poi non le rispettano. Con i suoi “Buuuu”; “Vesuvio lavali con il fuoco” che da insulti razzisti vengono derubricati a “sfottò”.

Quando si nega la tecnologia, quando si nega il razzismo, quando si rifiuta qualsiasi innovazione nel nome del passato (anche se glorioso) non c’è futuro. E non è colpa di Balotelli o di Prandelli ma di chi ha chiesto a Balotelli e Prandelli di farsi carico di inventarsi “qualcosa” pure di uscire da questo pantano.

Un pantano dal quale non si esce senza un investimento sui giovani ma soprattutto senza la riscrittura di una cultura sportiva. Una cultura sportiva che viene mortificata ogni domenica negli stadi di mezza italia. Che vede i nostri migliori allenatori partire e i talenti abbandonare il calcio italiano. Non è la descrizione della fuga di cervelli che da anni colpisce l’Italia ma la nostra Serie A.

L’Italia in questi anni ha perso due primati quello del campionato più bello del mondo e quello del paese più visitato. Forse è il momento di chiedersi perché.

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Ex direttore d'AgoraVox, già professore di Brand Strategy e Comunicazione Pubblicitaria Internazionale presso  GES -  Grandes Écoles Spécialisées di Parigi. Ex Direttore di Fanpage.it, oggi Direttore di Deepinto.
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