1.629 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Perché le multinazionali dell’alcol e dei farmaci si oppongono alla legalizzazione della cannabis

Le multinazionali dell’alcol e del farmaco in USA hanno finanziato le campagne contro la legalizzazione per l’accettazione e l’uso di cannabis fanno calcare i consumi di alcol e farmaci tradizionali, come si evince da studi scientifici e report di settore. Intanto i grandi produttori di alcolici in USA entrano nel settore cannabis.
A cura di Mario Catania
1.629 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

La cannabis legale ha tanti nemici, e tra i primi possiamo annoverare le grandi multinazionali che fanno affari d’oro vendendo alcol e farmaci.

Un atteggiamento che è stato reso evidente durante le campagne per la legalizzazione in diversi stati americani, in cui è emerso che diverse aziende hanno foraggiato con migliaia di dollari i gruppi contrari alla legalizzazione della cannabis. Il motivo è presto detto: la cannabis legale fa calare i consumi di alcol e anche quelli di diversi tipi di farmaci, perché ne coadiuva gli effetti permettendo di assumerne dosi minori in alcuni casi, e in altri li sostituisce.

I finanziamenti contro la legalizzazione

Un caso emblematico è quello dell’Arizona, stato USA in cui la cannabis medica era già legale, ma è fallito il referendum per la legalizzazione totale per il quale i cittadini hanno votato nel 2016. I “sì” si fermarono a quota 48,7%. E non è stato un caso. Mentre il referendum si avvicinava infatti, l’azienda Insys Therapeutics, multinazionale del farmaco dedita alla produzione del Subsys, un farmaco oppiaceo derivato dal Fentanyl, oppioide sintetico che è fino a 100 volte più potente della morfina, con la cifra di 500mila dollari aveva fatto la donazione più grande in favore del fronte proibizionista. Secondo i critici è stata semplicemente una mossa per poter mantenere le proprie quote di mercato, visto che è sempre più diffuso l’uso della cannabis per ridurre i dosaggi di questo tipo di farmaci o per uscire dalla dipendenza che creano.
Dall’altro lato l'associazione Arizona Wine and Spirits Wholesale ha dato una delle maggiori donazioni alla campagna anti-legalizzazione dello stato quando ha pagato 10mila dollari alla Arizonans for Responsible Drug Policy. E il distributore di birra PAC ha invece donato 25mila dollari alla Campaign for a Safe and Healthy Massachusetts, dove invece la cannabis è stata legalizzata nel 2018.

"Abbiamo sicuramente visto un'opposizione più attiva dall'industria farmaceutica", aveva sottolineato Amanda Reiman della Drug Policy Alliance, un gruppo attivisti che promuove la riforma dello status della cannabis. "Le ricerche condotta da me e da altri mostrano che i pazienti stanno utilizzando la cannabis per sostituire prodotti farmaceutici ad un tasso molto alto, e la stessa cosa vale anche per l'alcol".
Purdue Pharma e Abbott Laboratories, i produttori dell'antidolorifico OxyContin e Vicodin, secondo un rapporto della rivista The Nation del 2014, sono stati tra i maggiori contributori alla Anti-Drug Coalition of America.

La cannabis per sostituire i farmaci

Il motivo, come sottolineato, è proprio il fatto che la legalizzazione della cannabis, a uso medico o in generale, porta ad un calo dell’uso dei farmaci tradizionali e di alcol. Se ancora vi chiedete come mai la cannabis medicastia facendo fatica ad affermarsi nonostante gli ottimi risultati della ricerca scientifica e dei pazienti in varie patologie, questi due studi canadesi possono aiutarvi a farvi un’idea. Sono due ricerche che spiegano come, con la cannabis medica, i pazienti diminuiscono l'uso di farmaci come oppioidi, antidepressivi e benzodiazepine, oltre che di alcol. In un sondaggio condotto su 2032 pazienti in terapia con cannabis in Canada, il 69% ha riportato di sostituire farmaci da prescrizione, il 45% alcol, il 31% tabacco e il 27% sostanze illecite. I farmaci narcotici rappresentavano il 35% di tutti i farmaci prescritti, seguiti da antidepressivi (22%). Lo spiegano i ricercatori della University of Victoria, in Canada, con una pubblicazione sull’Harm Reduction Journal, dopo aver recapitato il questionario ai pazienti iscritti al programma governativo della cannabis medica. “Questo studio offre una prospettiva unica, concentrandosi sull’uso di una fonte standardizzata di cannabis medica regolamentata dal governo da parte dei pazienti registrati nel programma federale canadese”, sottolineano i ricercatori.

Inoltre, secondo un’analisi condotta su 146 pazienti che utilizzavano benzodiazepine, il 30% ha interrotto l’uso di questi farmaci entro 2 mesi dall’introduzione della cannabis. I ricercatori della facoltà universitaria di medicina di Dalhousie, sempre in Canada, hanno pubblicato la loro ricerca su Cannabis and Cannabinoid Research. Dopo aver completato un ciclo medio di prescrizione di cannabis medica di 2 mesi, il 30,1% dei pazienti ha sospeso le benzodiazepine. Al follow-up arrivato dopo due prescrizioni, 65 pazienti totali (44,5%) avevano interrotto le benzodiazepine. All’ultimo periodo di follow-up dopo tre cicli di prescrizione medica di cannabis, 66 pazienti (45,2%)hanno interrotto l’uso di benzodiazepine, mostrando un tasso di cessazione stabile per una media di 6 mesi.

HelloMD, una community statunitense con 150mila utenti che mette in contatto pazienti, medici, esperti e aziende sul tema della cannabis, insieme al Brightfield Group, una società di ricerca e analisi di mercato per le organizzazioni incentrate sull’industria di settore, ha realizzato uno studio che ha visto la raccolta dati di 2500 persone sull’utilizzo del CBD nel 2017. Per dare un’idea della portata del fenomeno, dopo aver provato prodotti derivati dalla cannabis è risultato che il 42% ha abbandonato i prodotti tradizionali e che secondo l’80% degli intervistati è stato molto o estremamente efficace. Si tratta di persone che devono affrontare insonnia, depressione, ansia, dolori alle articolazioni e ancora morbo di Crohn, epilessia e sclerosi multipla.

A livello economico, la situazione è stata resa evidente da una ricerca degli analisti di New Frontier Data, fornitore di dati ed analisi alle imprese del cannabusiness americano, nel 2017. Dopo aver analizzato la spesa sanitaria degli stati USA che stavano via via legalizzazione la cannabis, ed ipotizzando che la cannabis potesse sostituire circa il 10% dei farmaci da prescrizione usati in precedenza, i ricercatori si sono accorti che in 4 anni, dal 2016 al 2019, la cannabis avrebbe potuto togliere dalle mani di Big Pharma una cifra che supera i 18 miliardi di dollari. Gli analisti facevano l’esempio di Pfizer Inc., che produce farmaci per condizioni come ansia, epilessia, glaucoma, depressione e crisi epilettiche. L’azienda ha venduto 52,8 miliardi di dollari di farmaci nel 2016, e le perdite stimate per colpa della cannabis venivano stimate in mezzo miliardo di dollari l’anno.

Ecco perché può valere la pena finanziare massicciamente le campagne antiproibizioniste, perché si spendono molti meno soldi di quelli che si rischia di perdere una volta che è diventata legale, correndo ai ripari subito dopo per cercare di mettere un piede nel settore che sta crescendo in modo così florido, con la creazione di nuovi prodotti e posti di lavoro.

La cannabis mette a rischio il settore dell'alcol

Ed è la stessa problematica con la quale stanno combattendo i produttori di alcolici. Secondo un recente studio di settore, infatti, la cannabis legale a lungo termine mette a rischio il settore dell’alcol. Secondo la ricerca curata dagli analisti di IWSR Drinks Market Analysis e BDS Analytics, “si prevede che il rischio per l'alcol aumenterà con l'aumentare dell'accettazione della cannabis e del consumo, in particolare tra i bevitori di birra e liquori".

Anche se attualmente “gli adulti che consumano alcol sono il doppio di quelli che consumano cannabis negli stati in cui è legale”, per il futuro "la cannabis presenta notevoli opportunità in tutte le industrie di consumo, comprese nuove occasioni in cui l'alcol non può essere utilizzato”. Anche perché i millennial costituiscono il 45% dei "dualisti", le persone che consumano sia la cannabis che l'alcol e la relazione rileva che si tratta di una "statistica che fa riflettere" per le imprese di bevande che "cercano di catturare una parte della mente e dei portafogli in questo importante segmento demografico".

Infatti i le grandi aziende dedite alla produzione di alcol, stanno già entrando nel settore cannabis. Il gruppo statunitense Constellation Brands, che tra gli altri produce la birra Corona, ha acquisito una quota nel produttore canadese di cannabis Canopy Growth con un investimento di 4 miliardi di dollari. Southern Glazer's, il più grande gruppo di distribuzione di vini e alcolici del Nord America, ha creato una filiale per i prodotti a base di cannabis presso un’altra azienda canadese Aphria, mentre il distributore Breakthru Beverage Group ha stretto una partnership esclusiva con CannTrust, produttore di cannabis, e ha sviluppato la propria piattaforma di vendita di cannabis.

1.629 CONDIVISIONI
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views