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Perché la Chiesa cattolica ci invita a commemorare i defunti il 2 novembre

Non tutte le anime dei defunti vanno in Paradiso: molti sono attesi nel Purgatorio ed hanno bisogno delle preghiere dei viventi. Vi spieghiamo perché la Chiesa ci invita a commemorare i defunti.
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Tra ieri e oggi, milioni di italiani stanno affollando i cimiteri per fare visita alle tombe dei propri cari defunti. Il giorno della commemorazione dei defunti, che per la Chiesa cattolica cade il 2 novembre di ogni anno, non è però mai stato riconosciuto come ricorrenza civile dallo Stato: per questo motivo, molti sfruttano il giorno festivo più vicino, quello di Ognissanti.

Le celebrazioni in onore dei defunti si basano sulla convinzione dei cristiani che l’anima sopravvive al corpo terreno. Non tutti i fedeli, però, dopo la morte riescono ad accedere direttamente al Paradiso, dove avranno la visione eterna di Dio. Molti, che in vita hanno compiuto peccati senza espiare le proprie colpe, finiranno in Purgatorio, da cui potranno elevarsi verso il Cielo solo grazie alle preghiere di chi è rimasto in vita.

La Chiesa, dunque, chiede ai vivi di pregare per la salvezza eterna delle anime dei defunti. Chi prega per le anime dei morti può ottenere anche l’indulgenza, parziale o plenaria, dei propri peccati e dunque accorciare anche il proprio futuro percorso in Purgatorio. Il colore liturgico utilizzato nelle messe del 2 novembre è il viola: il colore dell’attesa e del dolore: lo stesso dei funerali e del periodo di Quaresima, che precede la morte in croce di Gesù Cristo.

La celebrazione della commemorazione dei defunti non è poi così antica: alcuni monaci iniziarono a celebrarla solo attorno all’anno Mille, la Chiesa cattolica la riconobbe ufficialmente solo nel XIV secolo. In Europa, soprattutto nei Paesi del Nord, da secoli si celebrava il culto dei propri parenti morti: in molti casi, le celebrazioni cristiane si sovrapposero a quelle dei culti pagani, che venivano via via debellati. Da notare, invece, che i morti non venivano (e non vengono) celebrati in molte culture orientali, dove spesso non si crede all’immortalità dell’anima.

“Per il cristiano, che unisce la propria morte a quella di Gesù, la morte è come un andare verso di lui ed entrare nella vita eterna” si legge nel Catechismo della Chiesa cattolica, il più importante documento del cosiddetto Magistero. “Ogni uomo – continua il testo – fin dal momento della sua morte riceve nella sua anima immortale la retribuzione eterna, in un giudizio particolare che mette la sua vita in rapporto a Cristo, per cui o passerà attraverso una purificazione, o entrerà immediatamente nella beatitudine del cielo, oppure si dannerà immediatamente per sempre.” Il metro di valutazione sarà solo uno: “Alla sera della vita, saremo giudicati sull'amore” scriveva San Giovanni della Croce.

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