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Opinioni

Perché chi copia agli esami non va bocciato

Ad Avellino due ragazzi beccati a copiare sono stati bocciati in tronco, ma la scuola italiana ha davvero il diritto di bocciare qualcuno?
A cura di Rita Cantalino
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Oggi c'è l'ultima prova scritta di quella pagliacciata che sono gli esami di maturità e ieri il Ministro per le Riforme Maria Elena Boschi ha detto che per colpa del Movimento 5 Stelle e di SeL sta per saltare l'assunzione dei centomila precari. Cosa c'entrano queste due cose? Tutto.

La terza prova è quella multidisciplinare, sancisce che tutto l'anno non hai semplicemente trasmesso energia termica alla sedia attraverso il tuo didietro, la terza prova sancisce che hai studiato. Che hai studiato. Non che hai capito. Quasi mai. Non conta quanto hai capito, conta quante nozioni ti sei messo nella testa. Quante regolette hai imparato a memoria? Ogni regoletta corrisponde a una “x” da mettere nel quadratino giusto, a una paginetta o cinque righe da compilare. Ogni quadratino giusto, paginetta, cinque righe, corrisponde a un punto o a un suo sottomultiplo. Più punti fai, più sei bravo. Ma non ti danno lo scudetto. Mai. Nemmeno se sei juventino.

Io faccio ripetizioni a una ragazzina che, invece, sta preparando l'esame di terza media. Il giorno prima delle prove Invalsi era tesissima; non si è presentata coi libri per ripetere ma con una specie di testo della scuola guida, sul quale stavano gli esempi di tutti questi test. Sono fatti male, molte domande sono ambigue e molte altre addirittura stupide. Ma andiamo avanti. Oltre a ‘sto libro teneva pure un correttore, delle pagine fotocopiate dal testo del docente, con tutte le risposte; gliele avevano date per calcolare i risultati. Con ‘sto libricino e ‘sti foglietti ci siamo messe tutto il pomeriggio a fare ‘sta specie di quiz senza nessun Jerry Scotti che potesse intrattenerci: io facevo le domande, lei rispondeva, poi calcolavamo, poi sbagliavamo a calcolare, poi ricalcolavamo, poi prendevamo una nuova simulazione e ricominciavamo. Alla fine della giornata la tragedia pareva annunciata: a una simulazione azzeccava la comprensione del testo ma sbagliava la grammatica, all'altra la grammatica era ok ma del testo pareva non aver capito niente, e così via, alla faccia dell'uniformità di giudizio. Quando l'ho rivista il giorno dopo e le ho chiesto come fosse andata la prova, mi ha risposto secca: “Tutto dettato dai prof”.

Lungi da me dire che quello che è successo nella sua classe succeda ovunque, anche se lo penso. Dico però che i test Invalsi sono svolti dagli studenti per valutare il lavoro dei docenti: a essere sotto esame sono loro e fanno di tutto per passarlo. Sia durante l'anno sia in sede di esame. Per questo la scuola dei test e dei punticini prepara i suoi studenti solo ai test e ai punticini, perché i test e i punticini fanno acquistare punti e superare test alla scuola stessa, ai suoi docenti e ai suoi presidi, e i test superati e i punti raggiunti significano soldini, cioè sopravvivenza.

Dopo la farsa delle Invalsi, doveva studiare per la tesina. Mentre la ripeteva per la quindicesima volta con voce svogliata, si è fermata e ha sbuffato esclamando: “Che cosa inutile!”. Ogni volta che vedo un guizzo di personalità, un'idea personale sul mondo, non ce la faccio a richiamarla all'ordine, provo a lavorarci. Le ho chiesto che intendesse e risposto, con una lucidità disarmante, che era ridicolo che lei dovesse imparare quelle cose e andarle a dire alla commissione, che lei è andata a scuola per tre anni e che ora doveva prepararsi un discorsetto che non c'entrava niente con quei tre anni e andarlo a recitare, e che non vedeva l'ora che finisse quella stupidaggine. E che le vuoi rispondere?

Questa la terza media se la merita solo perché ha capito che la scuola in questo paese è pensata male e realizzata peggio. Tutti i miglioramenti significativi che sono stati apportati nel corso degli anni sono venuti da chi la subiva, mentre chi dovrebbe concepirne l'architettura è spesso totalmente incapace di farlo. Berlinguer, Moratti, Fioroni, Gelmini, Giannini, come Adidas, Nike, Lotto, Kappa: riforme della scuola come marchi e prodotti da dare in pasto all'opinione pubblica, e nessuno che sapesse di cosa si stava realmente parlando. Non solo l'opinione pubblica, ma proprio i Ministri, spesso burattini di questo o quel governo.

E intanto ci sorbiamo una scuola che ancora mantiene l'architettura di chi la scuola se l'è inventata in questo paese, un signore che si chiamava Giovanni Gentile e che faceva il Ministro dell'Istruzione del governo di un altro signore, che si chiamava Benito Mussolini. Ma questo non lo sa o non lo ricorda quasi nessuno di quelli che si occupano di scuola. La dimostrazione? Il nostro sistema scolastico, di fronte al proprio fallimento, punisce chi ne è vittima. La bocciatura è un tabù, non se ne può nemmeno discutere. Bocciatura vuol dire che lo studente, per un anno scolastico, non si è formato adeguatamente e quindi deve ripetere quello stesso anno scolastico in maniera identica: stessi programmi, stessi metodi didattici, stessi docenti. Che utilità didattica dovrebbe esserci? Nessuna. Non è questione di ripetizione ma di punizione, perché lo studente bocciato è a prescindere il solo colpevole della sua insufficienza e va punito. Come? Togliendogli un anno di vita.

È di questi giorni la notizia della bocciatura in sede d'esame di due ragazzi di un liceo classico di Avellino, rei di essere stati beccati a copiare dal cellulare la versione della seconda prova. Il coro di condanna unanime ha immediatamente decretato la sentenza per il loro atto: bocciatura in tronco. Niente più esame per loro, si ritorna al via e ci vediamo a settembre. Piccola digressione storica e di costume. Quando Berlusconi era Presidente del Consiglio e l'elenco dei suoi reati, presunti e non, era parte della formazione essenziale del militante di sinistra, in Germania venne fuori che un Ministro aveva copiato la sua tesi di laurea. Il Ministro prontamente si dimise. Fu additato come esempio di serietà e senso del dovere, in opposizione al nostro fin troppo licenzionso premier. Tutto bellissimo, ma, sotto sotto, il modo in cui la notizia circolava in Italia era un altro: un fessacchiotto, che si sa che ‘sti tedeschi sono troppo rigidi; ma come, noi teniamo a questo che ne fa di tutti i colori e tu ti dimetti perché hai copiato la tesi? Per dire la considerazione che gli italiani hanno degli esami e dei percorsi di studi.

È difficile dire questa cosa senza che sembri una banalità, eppure si tratta di una banalità indicibile: non è mai esistita al mondo (e soprattutto da noi) una sola scuola, in cui ci sia stato un solo Esame di Stato in cui, pure uno solo degli studenti, non abbia copiato. Spesso sono i docenti stessi a farti copiare, quando non ad aiutarti direttamente nello svolgimento delle prove. È un fatto umano: ti hanno visto per cinque anni e conoscono il tuo percorso di vita, non è tollerabile che una sola mezza giornata possa valere di più.

È ingiusto? Non ha senso porsi la questione perché è l'esame in sé che non ha senso: una mezza giornata, un compitino, dieci crocette messe a caso, una discussione che sia di terza media, di maturità oppure di laurea, possono valere più di un percorso di vita, di studio e crescita di tre, cinque, dieci, vent'anni? I due ragazzi hanno sbagliato a copiare? Sì, ma più verso i loro compagni, che non avevano la stessa agevolazione, che verso chiunque altro.

Hanno imbrogliato, non andavano puniti? A parte che l'idea che si debba punire per educare è semplicemente aberrante. Ma se pure fosse così, possibile che si decida di privare due ragazzi di un anno di vita perché hanno cercato su internet la corretta traduzione di un testo, scritto in una lingua morta, che costituisce una sola delle materie nelle quali sono esaminati? Ha senso tutto questo, alla luce del fatto che questa stessa materia l'hanno studiata, e su di essa sono stati interrogati e valutati per cinque anni? Perdere un anno di vita, non diplomarsi. Ripetere l'anno. Iniziare l'università con un anno di ritardo. Laurearsi con un anno di ritardo. Trovare un lavoro con un anno di ritardo. Realizzare le proprie aspirazioni con un anno di ritardo. Credo, onestamente, che la punizione non valga “il crimine”.

E mi stupisco, resto allibita, mi domando che razza di docenti siano quelli che non fanno le stesse valutazioni. I docenti di questi due ragazzi non dovrebbero conoscerli globalmente, a prescindere dal rendimento nelle singole materie? O sono tutti ex ministri tedeschi (pure un po' risentiti), o non hanno mai copiato, non hanno mai agevolato o solo visto qualcuno che copiava. O si tratta solo di una grande ipocrisia, e ‘sti poveretti sono dei capri espiatori necessari a portarla avanti, colpevoli solo di essere sfigati ed essersi fatti beccare con il cellulare in mano durante gli esami, (e magari se avessero avuto un bigliettino, al posto di uno schermo da consultare, non sarebbe successo niente). Penso che sia tutta una questione di fortuna.

I docenti che ti capitano, quelli che contribuiscono a determinare la persona che diventi tra i quattordici e i diciott'anni, ti capitano a culo. Puoi beccare i migliori del mondo e imparare l'amore per la conoscenza e l'universo intero oppure puoi beccare i peggiori frustrati. Allora succede che puoi diventare pure tu frustrato, ignorante, superficiale, e assorbire quei meccanismi soltanto formali che vogliono importi che chiamano “merito”, “competizione”, “profitto”, e che significano che ti insegnano che tu sei contro i poveracci come te, e ci sta qualcuno più in alto che vi guarda combattere e decide chi è il migliore. Penso che parte dei docenti di questo paese non ha la minima idea di quello che fa, ed è costretta a perpetuare schemi di insegnamento e programmi ministeriali che sono quasi gli stessi da quando a scuola ci andavano loro.

Ed eccoci finalmente a dire cosa c'entra questo lungo sproloquio con quello che ha detto il Ministro Boschi. La “Buona Scuola” di Renzi non è peggiore di tante altre riforme che abbiamo contestato in passato; parliamo sempre di dequalificazione della scuola pubblica, finanziamenti alle private, tentativi di accentuare il dirigismo dei presidi, incentivi dell'intervento dei privati a sopperire l'assenza dei finanziamenti statali. La differenza vera è che Renzi pare non volersi fermare davanti a nulla. Per questo la mobilitazione contro questa riforma è stata qualcosa di inedito: in piena primavera, partecipatissima, coordinata con i docenti che hanno aderito in blocco. Nessuno, nemmeno Renzi, avrebbe potuto far finta di nulla.

Per questo sono passati al ricatto: “Voi non ci fate fare la riforma? Noi non assumiamo i precari”. Gli stessi precari che vanno assunti non perché Renzi è buono e crea occupazione, ma perché ha detto la Corte Europea che, se non lo fa, paga pure una multa. Questi stessi che passano di mano in mano, di governo in governo, come carne da macello, senza sapere che fine fare, ora sono diventati l'arma di ricatto.

Perché il punto non è la scuola: della scuola nessuno se ne frega. Solo gli studenti, una parte, e i docenti, una parte. Il punto è la dimostrazione di forza. La scuola non è importante: è un'arma di ricatto e di propaganda. Non è qualcosa in cui investire. Non va resa qualitativamente migliore. Non deve insegnare a ragionare ma a mettere le crocette giuste. E se non lo impari devi essere punito. Non va messa in mano a qualcuno che ne capisca, che sappia di cosa c'è bisogno, che la riformi in maniera organica e consapevole.

La scuola deve essere esattamente così: poco qualificata, mortificante, severa, deve cadere a pezzi, deve essere gestita da relitti che non hanno alcuna voglia e soprattutto attitudine a starci ancora, e far venire quanta più voglia possibile di iscriversi al primo istituto privato che troviamo per strada. E perché il disegno si compia, possiamo pure sacrificare centomila precari. Gente formata per insegnare, gente che non vorrebbe fare altro e di cui la scuola italiana ha disperatamente bisogno per uscire dal circolo vizioso, per svecchiarsi e liberarsi da quel provincialismo che sta rendendo questo paese stantio, che lo fa puzzare di vecchio.

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Blogger e attivista. Nata a Napoli nel 1988, dove mi sono laureata in filosofia politica. Sono stata coordinatrice provinciale dell'Unione degli Studenti Napoli e coordinatrice cittadina di Link, coordinamento universitario. Ho lavorato come educatrice per Libera in progetti con ragazzi provenienti da contesti di disagio. Il mio blog personale è Errecinque. Ho un sacco di romanzi nel cassetto.
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