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Pensioni

Pensioni, con quota 100 la scuola si svuota: a settembre servono 140mila docenti

I docenti scelgono la pensione e, anche grazie all’aumento dei ritiri dal lavoro con la quota 100, le scuole rischiano di rimanere senza insegnanti, almeno quelli fissi. A settembre, in seguito ai pensionamenti con legge Fornero e quota 100, il rischio è quello di avere 1.400 cattedre da assegnare. Ma il problema riguarda anche e soprattutto le modalità di reclutamento dei docenti.
A cura di Stefano Rizzuti
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Tra legge Fornero e quota 100, il mondo della scuola rischia di dover porre rimedio a un buco da 140mila cattedre da assegnare a settembre. Il calcolo viene riportato dal Sole 24 Ore, che spiega come siano circa 31mila i docenti che hanno chiesto di andare in pensione, tra quota 100 e legge Fornero, a settembre. Indubbiamente influisce la quota 100, come dimostra il fatto che le domande di pensionamento sono 6mila in più rispetto all’anno scolastico 2018/2019. Ma il problema non riguarda solo i pensionamenti, ma anche i posti precari. Tanto che un calcolo dei sindacati permette di registrare un numero significativo: se tutte le domande verranno accolte, a settembre sarà necessario assegnare circa 140mila cattedre. Si tratta, ricorda ancora il Sole, più o meno degli stessi numeri a cui ci si è trovati a far fronte nel periodo della Buona scuola, con la differenza che ora sono passati quattro anni e sono state effettuate 100mila stabilizzazioni di precari. E il numero degli studenti è rimasto sostanzialmente invariato. Per questo si profila il rischio di molti incarichi a tempo fino all’autunno inoltrato.

La cifra delle 140mila cattedre da assegnare viene ricavata sulla base di due informazioni: si parte dai 109mila posti attualmente assegnati a supplenti, sulla base del calcolo del Sole 24 Ore sui dati forniti da Miur, Inps e sindacati. A questi si aggiungono i 15mila pensionamenti ordinari e i 16mila con quota 100, nel caso in cui tutte queste domande vengano accolte. L’effetto quota 100, quindi, c’è. Ma non è la causa principale – o quanto meno non l'unica – del problema. Il nocciolo della questione riguarda soprattutto il reclutamento nel mondo della scuola. E i disagi maggiori si prevedono sempre nelle stesse regioni: Lombardia, Piemonte e Venete. E sempre per le stesse materie: matematica, italiano, inglese e sostegno.

Il problema però viene anche dal passato e si è già registrato negli ultimi due anni. Nel 2017, per esempio, il Miur ha contato 22mila cattedre scoperte, soprattutto al Nord, a causa dell’esaurimento di diverse graduatorie. Mentre l’anno scorso, su 57mila immissioni in ruolo circa la metà non è andata a buon fine e per questo è stato necessario ricorrere alle supplenze. Il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, punta su soluzioni diverse: vuole differenti procedure di assunzioni, aprendo ai laureati e annunciando nuovi concorsi. Ma, almeno per quanto riguarda scuole medie e superiori, è difficile che si realizzino prima dell’estate. Per quanto riguarda i concorsi anche per l’infanzia e la primaria, è già in corso la procedura straordinaria per porre rimedio all’emergenza dei diplomati magistrali esclusi dalle Gae, le graduatorie ad esaurimento. Ma arriverà anche una procedura ordinaria. C’è poi un altro problema, riguardante i presidi. L’obiettivo è quello di fare il più in fretta possibile per il concorso, procedendo alla correzione delle prove scritte entro fino marzo. Poi ci saranno gli orali. L’obiettivo da mantenere a tutti i costi è quello di avere i nuovi dirigenti a scuola da settembre. Se così non dovesse essere, potremmo trovarci di fronte a un nuovo record di reggenze.

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