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Palermo: arrestato Giuseppe Corona, uno dei tesorieri di Cosa Nostra

L’uomo dopo aver scontato sedici anni di carcere per omicidio lavorava ufficialmente come cassiere di un bar del porto di Palermo: in realtà, però, gestiva fondi di Cosa Nostra per milioni di euro. In manette anche altre 23 persone.
A cura di Davide Falcioni
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Gli uomini della Guardia di Finanza hanno eseguito 24 arresti nell'ambito di una inchiesta sulle cosche mafiose palermitane coordinata dalla Direzione Distrettuale antimafia del capoluogo. Per 19 indagati è stato disposto il divieto di dimora. Quattro gli arresti domiciliari: tra questi un noto penalista palermitano. L'indagine ha portato alla luce il ruolo di Giuseppe Corona, boss emergente nei nuovi assetti di Cosa Nostra orfana di Salvatore Riina, capace di riciclare fiumi di denaro.

Corona ufficialmente era soltanto il cassiere di uno dei tanti bar di fronte al porto: in verità, però, era uno dei pilastri di Cosa Nostra dopo il decesso di Riina, dal momento che – come un vero e proprio tesoriere – fissava strategie e investimenti finanziari per milioni di euro. Dopo essere stato in carcere per 16 anni per omicidio stamattina le porte di una cella si sono di nuovo spalancate: l'uomo è accusato di aver riciclato fiumi di denaro della mafia in bar, tabaccherie, negozi e immobili. Affari realizzati attraverso prestanome insospettabili e professionisti che operavano dietro le quinte come l’avvocato Nico Riccobene, già finito sotto inchiesta per aver gestito il tesoro dei costruttori boss Graziano, e Giuseppe Tarantino, titolare del bar Alba di Mondello.

Il nome di Giuseppe Corona era stato fatto da Giovanni Vitale, uno degli ultimi collaboratori di giustizia, che aveva raccontato agli inquirenti come dietro il semplice cassiere di un bar si nascondesse il tesoriere che gestiva per conto di alcune famiglie di Cosa Nostra il denaro delle scommesse all'ippodromo: una delle persone che frequentava più spesso era Sergio Napolitano, uno dei capimafia di Resuttana e gestore di un altro locale molto noto a Palermo, il Cafè Hilton di via Libertà. Non solo: Corona si sarebbe occupato anche dell’assistenza di una famiglia molto particolare, quella del capomafia dell’Acquasanta Gregorio Palazzotto. Che di Corona in carcere diceva: “È mio fratello”.

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