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Pakistano violenta bimbo disabile: chiude scusa e giudice lo fa uscire, ma tribunale lo condanna

Condannato a 5 anni e 4 mesi con rito abbreviato il 21enne pakistano Akhtar Nabeel, reoconfesso, che, nel luglio scorso, abusò di un ragazzino a Fabbrico in provincia di Reggio Emilia. Inizialmente per lui era scattato soltanto l’obbligo di firma.
A cura di Biagio Chiariello
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Cinque anni e quattro mesi. Questa la condanna che il tribunale di Reggio Emilia ha emesso oggi, 9 aprile, nei confronti del 21enne pakistano Akhtar Nabeel, reo-confesso, che, nel luglio scorso, abusò a Fabbrico di un ragazzino disabile. La scelta del rito abbreviato da parte dell’imputato ha ridotto la pena di 2 anni e sei mesi. Il sostituto procuratore Maria Rita Pantani aveva chiesto una condanna a 12 anni di carcere che sarebbero diventati quindi 8 con la riduzione di un terzo della pena. L’avvocato dell’imputato, Domenico Noris Bucchi, aveva invece chiesto una riduzione della pena e la concessione delle attenuanti generiche.

Le reazioni dei parenti della vittima

Il giovane fratello della vittima ha detto a commento della sentenza: "Giustizia è stata fatta non solo per mio fratello, ma anche per tutti i bambini che sarebbero potuti diventare vittima di un soggetto che ha dimostrato di non poter stare in una comunità civile. Ma per la nostra famiglia ci vorrà ancora molto tempi e tante cure perché mio fratello torni a vivere la propria vita serenamente. Ma la condanna ci dà fiducia per un futuro migliore".

La ricostruzioni della violenza

La vicenda aveva suscitato molto scalpore all’epoca anche perché il giudice Giovanni Ghini aveva rimesso in libertà il pakistano, che era un richiedente asilo, imponendo solo l’obbligo di firma e il divieto di avvicinamento alla vittima, mantenendo il divieto di espatrio. Secondo le ricostruzioni, Nabel aveva avvicinato il bambino con la scusa di fare un giro in bici insieme. L’avrebbe così portato in una zona di campagna, dove si sarebbe approfittato di lui. Una volta tornato a casa, il piccolo ha raccontato tutto ai genitori: gli abusi sono dimostrati tra l'altro da esami medici. A questo punto i familiari si recano a casa di Akhtar, che avrebbe puntato il dito contro il bambino: "Ti avevo detto di non dire niente…”, salvo poi scusarsi con i genitori.

Il pakistano era stato rimesso in libertà

Dopo l'interrogatorio di garanzia, le parole del magistrato Ghini avevano fatto assai discutere: "Lo straordinario senso di autodisciplina dimostrato dall’indagato, che si è messo da solo agli arresti domiciliari, basta, anche senza la pienissima confessione, a garantire che le esigenze cautelari possano essere soddisfatte con misure diverse dal carcere". Decisione che il pm aveva impugnato. Sulla questione era poi intervenuto anche il Tribunale della libertà di Bologna che aveva ritenuto il pakistano “persona oltremodo pericolosa” tanto da meritare il carcere. Alla fine, il giovane reo confesso era tornato in cella per sua scelta, rinunciando a impugnare in Cassazione il provvedimento.

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