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Paga il biglietto del treno a un ragazzo di colore, il post è virale: “Sono stato straniero anch’io”

Il post su Facebook di Michele Ciavarella ha ottenuto centinaia di commenti e condivisioni. Il giovane ha raccontato un episodio avvenuto qualche giorno fa in Puglia, su un treno delle Ferrovie Sud Est. Ha scritto di un ragazzo che non poteva salire sul treno perché senza il biglietto, dell’iniziativa di pagare per lui e della necessità di “tornare a guardarsi negli occhi”.
A cura di Susanna Picone
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Nella tarda mattinata di martedì un giovane, Michele Ciavarella, ha pubblicato sul suo profilo Facebook un lungo post che in poche ore ha ottenuto centinaia di condivisioni e commenti diventando virale in rete. Nel suo post, Michele ha raccontato una storia che lo ha visto protagonista in Puglia, con precisione su un treno delle Ferrovie Sud Est, alcuni giorni fa. Ha raccontato di un ragazzo che non aveva potuto comprare il biglietto del treno che avrebbe dovuto prendere e del comportamento delle persone, lui compreso, che lo hanno incrociato. “Una settimana fa – scrive Michele su Facebook – sono salito su un treno delle Ferrovie Sud Est. Era già sera, forse le 20:30. A quell’ora tutti i bar delle stazioni sono chiusi, e le biglietterie automatiche spesso guaste o spente. Io sono riuscito a salire perché ho uno smartphone, e posso acquistare on-line con una certa agilità. Alla fermata di Mungivacca, un ragazzo si avvicina allo sportello del treno. Una schiera di agenti di sicurezza fa muro, senza parlare. Una giovanissima donna, che d’ora in poi chiamerò ‘la vidimatrice’, intima al ragazzo di mostrarle il biglietto. Lui fa notare che non ci sono state possibilità di acquistarlo, e apre il palmo della sua mano, pieno di spiccioli”. Una somma che secondo Michele quel ragazzo aveva raggiunto a fatica, ma che non convince la "vidimatrice" che dice che per salire sul treno bisogna pagare cinque euro. “Ma non lo dice a lui, lo dice e basta. Lui si agita, quel treno deve prenderlo ma i soldi non ce li ha. La vidimatrice urla verso l’abitacolo guida del vagone ‘chiudi e parti’. Il ragazzo comincia ad agitarsi ancora di più e piange. Sì, posso scorgere la tangibile traccia di una lacrima sul suo volto. In treno, qualcuno ride. Il ragazzo urla, si dispera. La vidimatrice grida di partire. Mi alzo e pago quei cinque euro. Lo faccio io, col mio corpo. Ma non sono io a farlo. Provo pena per tutti noi, me compreso. Il ragazzo sale. Il treno riparte”, prosegue il racconto di Michele, che poi descrive quei momenti successivi alla partenza dalla stazione.

“Né io né il ragazzo ci guardiamo negli occhi per tutta la durata del viaggio. Un uomo gli dice, indicandomi, ‘quel ragazzo ti ha pagato il biglietto’. Ma né io né lui osiamo guardarci. La vidimatrice gli si avvicina per consegnargli la ricevuta. Lui non la guarda, non è lì davanti a lei, ma, impregnato del suo silenzio, sta sognando qualcosa. La vidimatrice, allora, porta a me quella ricevuta. Il treno arriva a Bari, scendiamo”. A quel punto, solo dopo aver lasciato quel treno, Michele e quel ragazzo si guardano negli occhi: “Nel sottopassaggio e sento qualcuno che tocca la mia spalla. Amico, grazie. Ha in mano quegli spiccioli e vuole darmeli. Quel momento, l’incontro dei nostri occhi, era un momento nostro. Quando due occhi si guardano, due mondi si incontrano. E proprio lì ho fatto caso a una cosa. La vidimatrice e le guardie di sicurezza non hanno mai guardato negli occhi quel ragazzo. Forse hanno visto solo il colore della sua pelle. Su quel treno c’era il rifiuto di farsi mondo. Ed è come se i nostri corpi, il mio e il suo, lo sapessero. Sapevamo che il nostro saluto non poteva abitare lì dentro. Che quel treno non era una casa adatta allo stringersi di due anime. Sono stato straniero anch'io, e, quando sei straniero, due occhi che ti guardano sono la tua salvezza”. “Io sogno un mondo in cui gli uomini tornino a guardarsi negli occhi”, conclude Michele. Tantissimi i commenti di ringraziamento al giovane per il suo gesto: “Finché ci sarà gente come te, potremo sentirci ancora uomini. Grazie anche a nome di chi ha scordato di avere un cuore”, ha scritto qualcuno.

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