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Oxfam denuncia: “Il 75% delle lavoratrici in agricoltura costretta a rinunciare a pasti regolari”

Un rapporto di Oxfam denuncia il crescente sfruttamento dei lavoratori in agricoltura a vantaggio dei grandi supermercati. “La quota destinata a lavoratori e produttori è spesso pari a meno del 5% del costo del prodotto”.
A cura di Davide Falcioni
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Producono cibo, lo vendono ai grandi canali di distribuzione, ma sovente non dispongono neppure del denaro necessario per sopperire ai propri bisogni primari, conducendo un'esistenza ai limiti della sopravvivenza. A denunciarlo Oxfam, che ha pubblicato oggi il dossier Maturi per il Cambiamento, una ricerca che analizza le politiche di alcune tra le maggiori catene di supermercati in Europa e negli Stati Uniti. Sono due i dati che balzano immediatamente all'attenzione: "I supermercati trattengono una quota crescente del prezzo pagato dai consumatori, in alcuni casi fino al 50%. La quota destinata a lavoratori e produttori è spesso pari a meno del 5%. Nel 2016 le prime otto catene di supermercati Usa quotati in borsa hanno incassato quasi 1.000 miliardi di dollari, generando 22 miliardi di profitti e restituendo 15 miliardi agli azionisti".

"La disuguaglianza – spiega Oxfam – dilaga inesorabilmente nell’economia globale e il settore agroalimentare non fa eccezione. Al vertice della piramide, i grandi supermercati e i giganti dell’agroalimentare dominano il mercato globale del cibo spremendo fino all’osso le lunghe filiere di produzione per trarne il massimo profitto; alla base, una costante erosione del potere contrattuale dei produttori di piccola scala e dei lavoratori in molti dei Paesi di origine dei prodotti. Il risultato di questi trend paralleli è la sofferenza umana di cui sono vittime le
donne e gli uomini che in tutto il mondo producono il cibo destinato ai supermercati". Tra i casi più gravi ci sono quelli dei lavoratori dei pescherecci del sudest asiatico, passando per quelli nei vigneti del Sudafrica.

Ma lo sfruttamento non risparmi neppure l'Italia, con il fenomeno del caporalato ancora imperante in molte aree del paese:  il 75% delle lavoratrici nei campi intervistate da Oxfam, afferma di essere sottopagata e di rinunciare a pasti regolari. Il fenomeno non riguarda più solo stranieri, ma sempre più anche italiani: "Lavoriamo dalle 6 del mattino alle 6 di sera, tutti i giorni della settimana, per 25 euro al giorno. – racconta un bracciante maliano che lavora nelle campagne del meridione – Possiamo fermarci solo dieci minuti per mangiare". In questa situazione versano centinaia di migliaia di persone. Secondo Oxfam l’80% sono lavoratori stranieri e il 42% donne, che a parità di tipologia di lavoro vengono sottopagate rispetto agli uomini. Oltre a lavorare fino a 12 ore al giorno, i lavoratori sono esposti a pesticidi tossici e a temperature altissime in estate e estremamente rigide in inverno in cambio di paghe medie tra i 15 e 20 euro al giorno, ben al di sotto del minimo legale di 47 euro al giorno.

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