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Omicidio Olga Matei, ricorso in Cassazione: “Non fu tempesta emotiva, ma colpa di gelosia e alcol”

Il Procuratore Generale nel ricorso in Cassazione presentato oggi ha contestato la tesi della “tempesta emotiva” ricordando che Michele Castaldo, assassino di Olga Matei, agì in preda a gelosia e da ubriaco.
A cura di Davide Falcioni
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L'omicidio di Olga Matei da parte del fidanzato Michele Castaldo non fu causato da una "tempesta emotiva", bensì fu "la proiezione immediata della gelosia, al massimo grado". Inoltre "le pregresse e infelici esperienze di vita" dell'assassino non rappresentano non alcun modo una giustificazione, visto che si tratta di condizioni che possono essere sperimentate da "ciascun uomo" nel corso della propria esistenza. Castaldo, quindi, perse il controllo e strangolò Olga per colpa "dei fumi dell’alcol" e non di un "incontenibile turbamento emotivo".

Sono alcune delle frasi scritte nero su bianco dal Procuratore Generale Paolo Giovagnoli e dall’avvocato generale Alberto Candi nel ricorso presentato contro la sentenza della Corte d'Appello di Bologna che nelle scorse settimane ha dimezzato da 30 a 16 anni di reclusione la pena nei confronti di Castaldo. Secondo i ricorrenti quella sentenza sarebbe "carente, contraddittoria e manifestatamente illogica" e presenterebbe "aspetti di violazione della legge penale".

Ma è sull'espressione che ha indignato tutta Italia che i giudici si concentrano, quel "tempesta emotiva" tratto da una perizia psichiatrica sull'assassino che è stata interpretata diversamente nei primi due gradi di giudizio. In quella perizia, infatti, la Procura Generale ricorda che erano contenute molte altre valutazioni, a partire dal fatto che l'imputato non era affetto da particolari disturbi emotivi se non quelli che chiunque nella vita può affrontare per colpa di determinati eventi. I ricorrenti citano però citano anche un'altra valutazione neuropsicologica su Castaldo. "La perdita di controllo non dipese forse tanto dalla esasperazione e dall’incontenibile turbamento emotivo, quanto piuttosto dai fumi dell’alcol, che per ammissione dello stesso Castaldo gli fecero perdere la ragione".

La Procura Generale – nel suo ricorso in Cassazione – contesta tutte le attenuanti concesse dalla Corte d'Appello, a partire dalla confessione del delitto e dall'offerta dell'assassino di risarcire la figlia della vittima, offerta che "non va al di là di semplici dichiarazioni d’intenti: l’unico atto giuridicamente valido è una procura speciale rilasciata in carcere al nipote", ma "nulla appare circa le finalità di quel mandato".

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