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Obiezione di coscienza, se è il farmacista a decidere cosa è abortivo

Una proposta di legge vuole introdurre l’obiezione di coscienza anche per i farmacisti. Secondo i promotori “la tipologia dell’aborto si è modificata nel corso del tempo” e “il farmacista non deve essere considerato un bottegaio”.
A cura di Claudia Torrisi
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Lo scorso maggio è stato depositato in commissione Affari costituzionali della Camera dei deputati un disegno di legge con l'obiettivo di estendere la possibilità di obiezione di coscienza anche ai farmacisti. La proposta è stata presentata da Luigi Gigli, presidente del Movimento per la vita, eletto con Scelta Civica e ora nel gruppo di Democrazia solidale – Centro democratico, e Mario Sberna (con lo stesso percorso politico). Secondo la proposta ogni farmacista "titolare, direttore o collaboratore di farmacie, pubbliche o private" dovrebbe potersi rifiutare "invocando motivi di coscienza, di vendere dispositivi, medicinali o altre sostanze che egli giudichi atti a provocare l'aborto" – il tutto "in analogia con quanto avviene per altre figure professionali sanitarie nella normativa vigente sull'aborto".

Con una decisione pubblicata in Gazzetta Ufficiale, però, l'Aifa ha stabilito che la pillola del giorno dopo non ha effetti abortivi, ma solo contraccettivi. Anche la classificazione dell'Organizzazione Mondiale della Sanità definisce il Norlevo contraccettivo d'emergenza e non una pillola abortiva. Come conciliare questo con un eventuale giudizio del farmacista? La dottoressa Lisa Canitano dell'associazione Vita di Donna ci aveva già espresso le sue perplessità in merito, dovute anche al fatto che "non esistono farmaci abortivi venduti in farmacia. Quindi non capisco quale possa essere il problema". Seguendo lo schema della proposta, ha spiegato, sostanzialmente "o si decide che ognuno fa quello che gli pare, deposita la propria religione e la scienza e il governo laico non possono fare nulla; oppure ognuno fa quello che gli pare, ma al di fuori dalle strutture istituzionali, dove ci sono dei diritti tutelati da leggi dello stato che vanno rispettati". Interpellata sul punto, la Federazione Ordini farmacisti Italiani ci ha risposto che "allo stato attuale non ritiene di doversi esprimere a commento della proposta di legge". Uno dei due promotori del disegno, l'onorevole Gigli, ci ha invece rilasciato una breve intervista.

Cosa prevede il disegno di legge che avete presentato?

Noi chiediamo che venga estesa l'obiezione di coscienza anche al farmacista, nel caso che debba essere chiamato a fornire su prescrizione medica dei farmaci potenzialmente abortivi o farmaci che possano comunque accorciare la vita, quindi con effetti come aborto ed eutanasia.

L'obiezione di coscienza per quanto riguarda l'aborto è già prevista dalla legge 194/78 per "il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie". Perché estenderla ai farmacisti?

Perché com'è chiaro la tipologia dell'aborto si è modificata nel corso del tempo. Oggi abbiamo la possibilità dell'aborto chimico, che avviene per i farmaci già riconosciuti come tali, in particolare la Ru486 all'interno dell'ospedale.

Però la Ru486 non viene venduta in farmacia.

No, infatti, ma già si pongono problemi per l'obiezione di coscienza per il farmacista ospedaliero. Già c'è questo. E c'è il fronte aperto, caldo, che riguarda le cosiddette pillole del giorno dopo o dei giorni dopo. Ed è evidente che anche per queste sostanze che possono determinare un'azione di tipo abortivo molto precoce – nel senso che intervengono nelle primissime fasi dello sviluppo embrionale – si pone il problema di coscienza per i farmacisti. Anzi, si è già posto.

L'Aifa ha stabilito che la cosiddetta "pillola del giorno dopo" non ha effetti abortivi, ma solo contraccettivi. Come si conciliano queste due cose?

In Italia c'è stato un pronunciamento del Consiglio superiore di sanità che ha avanzato dei dubbi a riguardo. L'Aifa si è trincerata dietro la normativa europea, che in realtà non incide su questo tipo di temi. Il problema che si delinea qui, oltre quello dell'obiezione di coscienza, è un di informazione scorretta per quanto riguarda il pubblico. Com'è possibile che un farmaco agisca in funzione antiovulatoria magari cinque giorni dopo che il concepimento è avvenuto? Questi farmaci agiscono impedendo l'annidamento in utero, e noi stiamo giocando sul fatto che la gravidanza inizi nel momento in cui ci sia l'impianto in utero. Come se ciò che c'è prima fosse chissà che cosa.

Nella proposta di legge si fa riferimento al giudizio del farmacista circa la capacità di un farmaco di provocare aborto. Lei non pensa che possa esserci un'eccessiva discrezionalità legato a personali convinzioni religiose?

Uno la deve motivare questa sua scelta. In realtà se si volesse leggere la letteratura stessa che ha portato alla presentazione di questi farmaci, quali interessi anche economici ci siano dietro, risulterebbe evidente come possano funzionare sia come antiovulatori o come abortivi precoci.

Non c'è il rischio che, così facendo, si limiti l'accesso alla contraccezione d'emergenza? Tra l'altro recentemente è stato abolito l'obbligo di ricetta medica per l'acquisto della pillola del giorno dopo.

O noi reputiamo il farmacista a tutti gli effetti come medico e professionista, che è quello che il nostro sistema sanitario cerca di fare, oppure lo consideriamo come un bottegaio. Ma credo che i primi a non voler essere considerati bottegai siano i farmacisti stessi.

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