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“Non volevo che restasse solo un cadavere”. Mina dona gli organi del figlio morto nell’incidente

Lo scorso agosto Gianmarco Chilla è rimasto vittima di un drammatico incidente in provincia di Lecce. I suoi genitori hanno deciso di donare gli organi dell’amato figlio ed ora la madre spiega i motivi di quella scelta. Le sue parole stringono il cuore.
A cura di Biagio Chiariello
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 “Non volevo che rimanesse un cadavere, ma che desse vita”. Una frase forte, fortissima, anche perché a pronunciarla è una mamma che ha perso il figlio 26enne. Gianmarco Chilla è morto lo scorso agosto per un incidente stradale avvenuto nei pressi di Cursi, in provincia di Lecce. La signora Mina Marrocco ha voluto donare gli organi del suo amato ragazzo, una scelta condivisa con il marito Gino e l’altro figlio Gianluca. E così Gianmarco non è morto: “È una frase che pronuncio razionalmente, ma per me lui non è morto – dice la donna al Quotidiano di Puglia – ha solo un’altra forma di vita. Quando vado al cimitero non vedo un corpo che si sta consumando perché mio figlio mi dice che vive, sta vivendo nel corpo di altri. Non importa chi ha ricevuto gli organi di mio figlio: può essere l’ultimo degli ultimi, può essere povero, ricco, bianco o extracomunitario, l’importante è che lui sia un angelo tra gli angeli. Ho voluto vivere la mia cristianità e ringrazio il Signore perché nella fatalità, nel momento dell’incidente, Lui me l’ha prediletto dandoci la possibilità di arrivare a poter donare gli organi. Poteva morire sul colpo e non avremmo potuto fare niente” dice Mina.

Gianmarco voleva fare l’ingegnere, studiava a Pisa e si sarebbe laureato a breve, come il padre e come il fratello prima di lui, andare in Australia dopo la laurea, ma un destino crudele ha spento tutti i suoi sogni. “Per un genitore è innaturale assistere alla morte di un figlio – dice mamma Mina eppure dentro di me avevo un presentimento che non capivo bene. Tre ore prima dell’incidente che ce l’ha portato via l’ho abbracciato forte e gli ho detto ‘Papì torna presto’, lui ha sorriso e ha detto a suo padre che era sempre più difficile liberarsi di me. Non voglio descrivere mio figlio come fosse un santo, ma era un ragazzo che viveva per gli altri, si preoccupava di tutti. Era un vulcano di idee e lo anche ora che sta lassù”.

Ora la famiglia Chilla vuole onorare la memoria del figlio scomparsa con una fondazione per aiutare i giovani e aiutando don Gianni Mattia a realizzare la casa di accoglienza per le famiglie, all’interno del Fazzi, che si trovano a dover affrontare l’attesa straziante dietro la porta del reparto di Rianimazione. “Me lo dice Gianmarco di continuare ad aiutare gli altri – sottolinea Mina Marrocco – abbiamo sempre aiutato i giovani, mio marito è stato per molti anni presidente dell’associazione Frates. La donazione degli organi non è una decisione che arriva improvvisa, c’è un percorso dietro e io parlo dell’esperienza vissuta con Gianmarco per sensibilizzare chi si trova in analoghe situazioni. Lo abbiamo fatto per amore di nostro figlio e per la fede cristiana”.

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