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Nino Rota e Fellini rivivono nelle Catacombe di Napoli (VIDEO)

La musica del grande compositore Nino Rota e i più celebri personaggi dei film di Federico Fellini rivivono nelle Catacombe di San Gennaro nello spettacolo “Nino” di e con Lalla Esposito.
A cura di Andrea Esposito
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Anche se il clima è molto incerto, ormai possiamo dirlo senza tema di smentita: è estate. E con il caldo, si sa, i teatri si svuotano, o meglio chiudono baracca, e la sera non resta che andare in cerca di un po’ di refrigerio. C’è il cinema all’aperto, qualche festival qua e là, ma anche una nuova e interessante iniziativa che il gruppo del Nuovo Teatro Sanità ha messo in piedi in un luogo che definire suggestivo sarebbe davvero limitante: “Lux in tenebris”, una rassegna di spettacoli organizzati negli spazi, freschi, anzi molto freschi, delle Catacombe di San Gennaro, un luogo che, se non lo avete mai visitato, bisogna vedere a tutti i costi.

Qui, siamo andati a seguire “Nino”, uno spettacolo di e con Lalla Esposito, realizzato in collaborazione con Il Teatro cerca Casa, che insieme al maestro Mimmo Napolitano (che la accompagna al pianoforte), porta in scena un omaggio al grande musicista meneghino Nino Rota. Inevitabilmente la figura di Rota compositore per il cinema, richiama subito quella di Fellini con cui ha condiviso buona parte del suo percorso artistico. E infatti la Esposito ripercorre nel suo “amarcord” ben cinque film del maestro riminese: da “Le notti di Cabiria”, fino appunto a “Amarcord”, passando per “La strada”, “La dolce vita” e 8½.

Il filo rosso che collega tutti gli episodi è rappresentato da una donna mascherata “che fugge da qualcosa di imprecisato, da una festa ormai conclusa”, come ci ha raccontato la Esposito, e che giungendo dal fondo delle catacombe, come fosse uno spettro, si porta dietro una grossa valigia: il richiamo alle atmosfere tipiche del cinema di Fellini, che qualche critico ha definito per l’appunto “clima da festa finita”, è dunque presto fatto. Così, una volta raggiunto il centro della scena, la protagonista apre la sua vecchia valigia e inizia a tirar fuori alcuni accessori (come il basco rosso della Gradisca o gli occhiali da sole di Maddalena della “Dolce vita”) che una volta indossati la trasformano in quel preciso personaggio. Tuttavia non si tratta semplicemente di una suite di musiche e recitati, anche dal punto di vista drammaturgico la Esposito fonde film, personaggi e battute per creare un atmosfera più evocativa che didascalica: ad esempio lo spettacolo si apre con le parole di Steiner in “La dolce vita” (“bisognerebbe vivere oltre le passioni… nell’armonia che c’è nell’opera d’arte riuscita, in quell’ordine incantato”) che però incontrano “la canzone arrabbiata”, un brano scritto per un film della Wertmüller, e la tirata della Gradisca che, aspettando il Rex, si abbandona alla triste confessione di donna sola e insoddisfatta.

Dal punto di vista musicale “non ho cercato virtuosismi e incastri arditi – ci ha raccontato il maestro Mimmo Napolitano -. Trattandosi di composizioni orchestrali ho dovuto naturalmente fare una sintesi per pianoforte solo, senza però tradire il cuore di quelle composizioni. Spesso quando si parla di teatro si menziona l’aggettivo ‘onirico’, abusando. Stavolta però, devo dire, è realmente così. Rota, dal punto di vista tecnico, ha lavorato moltissimo spaziando tra intervalli cromatici tra la quinta e l’ottava tonalità, il che magari a chi non conosce la musica dice poco, ma che in parole povere restituiscono esattamente quell’atmosfera che noi definiamo “onirica”.

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