‘Ndrangheta, decapitato il clan dei piscopisani, uno dei più feroci della Calabria
Trentuno persone sono state tratte in arresto questa mattina da Vibo Valentia a Udine, in dieci regioni italiane, con le accuse di associazione per delinquere di tipo mafioso e concorso esterno in associazione mafiosa. L'operazione, condotta dalla polizia, ha inferto un durissimo colpo alla cosca a dei "piscopisani", così chiamata perché ha la sua base operativa nella frazione "Piscopio" di Vibo Valentia. L'inchiesta è stata condotta in collaborazione con la Questura di Catanzaro, con il Servizio centrale operativo e con il coordinamento dalla Procura antimafia di Catanzaro. "Grazie alle nostre forze dell'ordine e agli inquirenti, operazioni di questo tipo mandano un segnale preciso ai clan: c'è tolleranza zero, lo Stato è più forte di voi", ha commentato il ministro dell'Interno Matteo Salvini.
Chi sono i piscopisani: uno dei clan più feroci della ‘Ndrangheta
Quello dei piscopisani è uno dei clan più feroci della ‘Ndrangheta: considerato in ascesa, si era reso responsabile di numerosi delitti nel territorio vibonese e aveva maturato l'ambizione di competere con la cosca Mancuso di Limbadi, una delle più agguerrite del panorama mafioso calabrese, egemone sulla provincia di Vibo Valentia. Gli inquirenti sono riusciti a ricostruire l'organigramma della cosca, inquadrando ruoli e funzioni dei singoli membri e scoprendo che l'organizzazione era riuscita a piazzare cocaina a Palermo, a dimostrazione del ruolo ormai predominante che la ‘ndrangheta svolge nel trattare grossi quantitativi di droga a livello internazionale, rifornendo anche territori dove sono presenti altre mafie.
L'operazione ha visto l'impiego di oltre 200 poliziotti a Vibo Valentia e altri nelle province di Palermo, Reggio Calabria, Roma, Bologna, L'Aquila, Livorno, Alessandria, Prato, Brescia, Nuoro, Milano e Udine. Le persone finite in manette sono accusate anche di estorsione, danneggiamento e rapina, aggravati dal metodo mafioso, detenzione e porto illegale di armi ed esplosivi, lesioni pluriaggravate, intestazione fittizia di beni e traffico e spaccio di sostanze stupefacenti.
Tra i 31 arrestati c’è anche Fortuna Immacolata, 61 anni, madre del boss del clan dei piscopisani Fiorillo Rosario. La donna era la "messaggera" della cosca e consegnava agli associati i messaggi del figlio rinchiuso in carcere.