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Natale: che differenza c’è fra fare un regalo e fare un dono?

Ce li scambiamo a Natale, per cortese consuetudine, per affetto, col cuore. A seconda di come li chiamiamo, però, prendono un colore completamente diverso: alcuni nomi danno toni più freddi e di circostanza, altri possono toccare corde molto profonde. Presenti, strenne, pensieri, regali, doni.
A cura di Giorgio Moretti
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Incontriamo l'amica per un caffè. E lei, sorridente, caccia fuori un pacchettino: "buon Natale!" Così il Natale ci mette davanti a uno dei costumi antropologicamente più importanti: uno scambio che è riconoscimento di un legame, sia per chi dà sia per chi riceve.

Presente

Non è una parola che si usa spesso. E ha una sfumatura non troppo schietta: infatti è un sostantivo che nasce dall'essere presente. In altri termini, col presente che faccio, ricordo la mia presenza. Ricordati di me, ti ho pensato, ti ho dato qualcosa. Sottinteso frequente: mi aspetto altro in cambio.

Strenna

Parola antichissima, che probabilmente i Latini presero dai Sabini. In origine era il regalo che ci si scambiava in occasione di festività religiose. E ancora oggi si tratta di un dono che viene fatto o ricevuto in occasione di festività particolari, di ricorrenze annuali. Classicamente, si parla di strenne nei rapporti fra datori di lavoro e dipendenti, o fra commercianti e clienti, ma ovviamente possono dirsi strenne anche i regali che ci si fanno reciprocamente fra parenti, amici e colleghi. Però il colore resta quello di una consuetudine comandata.

Regalo

Questa parola, forse la più usata per descrivere l'oggetto di cui parliamo, la prendiamo dallo spagnolo, e in origine descriveva i doni che i sudditi facevano al re. Nel regalo troviamo così un dono rispettoso, di riconoscimento, a volte un po' adulatorio ma che non vuole essere una mera circostanza. Ha una consistenza, un peso, è un gesto che ripassa il contorno di un rapporto. Qui si inizia a vedere un dare che non chiede altro in cambio.

Pensiero

Lo chiamiamo così quando ha poco valore. Diventa perfino un ‘pensierino'. Giusto un'inezia, che però è qualcosa di importante. Perché questo pensiero, questo fatto che abbiamo pensato a qualcuno, e che vogliamo dare concretezza al pensiero di cura con un oggetto fisico, rende reale e vero un rapporto. Potremmo dire che è un regalo simbolico: ebbene, il simbolo porta significato. Il pensiero-dono sa essere per una relazione quello che il significato è per la parola. Anche quando non possiamo o non è opportuno spendere grandi risorse per un regalo, il pensiero è ciò che basta a riconoscere il rapporto, e il suo valore.

Dono

Questo è il massimo. Ed è il massimo per la sua semplicità, esatta, senza implicazioni e sbavature. Infatti il donum latino appartiene alla famiglia del dare. Schiude la base della reciprocità, uno scambio gratuito, che si apre al fuori da noi. Tanto che spesso ciò che doniamo trascende un valore economico. Diventa navicella di alleanza, di amicizia, di tributo sentito: nel dono la porta dell'altro si schiude, e spiega che cosa noi siamo insieme.

Sarebbe bello, a Natale e non solo, dare e ricevere non presenti o strenne, non semplici regali o brevi pensieri, ma doni. Perché già solo a pensarlo come dono, il gesto dello scambio, sotto l'albero o ovunque, prende tutto un altro senso.

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Nato nel 1989, fiorentino. Giurista e scrittore gioviale. Co-fondatore del sito “Una parola al giorno”, dal 2010 faccio divulgazione linguistica online. Con Edoardo Lombardi Vallauri ho pubblicato il libro “Parole di giornata” (Il Mulino, 2015).
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