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Sanità, Gimbe: “Servizi ai cittadini coi soldi pubblici, Campania penultima in Italia”

La Sanità della Campania penultima in Italia per l’adempimento dei livelli essenziali di assistenza ai pazienti, secondo il report della Fondazione Gimbe, che prende in esame i dati del Ministero della Salute 2020, relativi al periodo 2010-18. Nello studio Gimbe, inoltre, la Campania si è fermata al 56,3% degli obiettivi contro una media nazionale del 75%. Cioè quasi il 44% delle risorse spese in Campania per la Sanità, secondo Gimbe, non avrebbe prodotto servizi per i cittadini.
A cura di Pierluigi Frattasi
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La Sanità della Campania penultima in Italia per l'adempimento dei livelli essenziali di assistenza ai pazienti, secondo il report della Fondazione Gimbe, che prende in esame i dati del Ministero della Salute 2020, relativi al periodo 2010-18. Nello studio Gimbe, la Campania si è fermata al 56,3% degli obiettivi contro una media nazionale del 75%. Cioè quasi il 44% delle risorse spese in Campania per la Sanità, secondo Gimbe, non avrebbe prodotto servizi per i cittadini, contro una media nazionale del 25%. Gimbe critica i dati del ministero basati sulle griglie Lea utilizzate dal ministero della Salute. Una valutazione, secondo la Fondazione, poco attendibile e piena di falle.

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Campania quintultima per i Lea, seconda per gli sprechi

La Campania, secondo Gimbe, nel periodo analizzato 2010-2018 risulta quintultima in Italia per i Lea, arrivando a 170 punti solo nel 2018. Bisogna dire, però, che la Campania ha migliorato notevolmente la sua posizione nel corso degli anni, partendo nel 2010 dal terzultimo posto, con un punteggio Lea di 95 (sopra solo a Puglia e Sardegna), per arrivare poi progressivamente a 170 nel 2018, anno nel quale ha superato per la prima volta il punteggio minimo per la sufficienza fissato a 160. Si tratta del periodo coinciso in gran parte con il commissariamento della Sanità, dal quale poi la Regione è uscita nel 2019.

Dal punto di vista dell'analisi di Gimbe, che invece prende in considerazione il diverso parametro dell'adempimento dei livelli essenziali di assistenza, la Campania risulta invece penultima in Italia anche nel 2018, con il 56,3%, collocandosi per questo in ultima fascia, zona rossa. All'ultimo posto, invece, risulta la provincia autonoma di Bolzano col 56,2%, che però non è sottoposta, specifica Gimbe, a verifica degli adempimenti. Mentre la regione più virtuosa risulta l'Emilia Romagna, al 92,8%, che guadagna il bollino verde.

Ogni anno il Ministero della Salute rende noto il report “Monitoraggio dei LEA attraverso la cosiddetta Griglia LEA” che verifica l’erogazione, attraverso l’assegnazione di un punteggio, delle prestazioni sanitarie che le Regioni devono garantire ai cittadini. «Si tratta di una vera e propria “pagella” sulla “materia” sanità – afferma Nino Cartabellotta, Presidente della Fondazione GIMBE – che permette di identificare Regioni promosse e bocciate». Infatti, per le Regioni considerate inadempienti e sottoposte a Piano di rientro, il Ministero della Salute prevede uno specifico affiancamento, sino al commissariamento, fatta eccezione per quelle non soggette a verifica degli adempimenti: Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Valle D’Aosta e Province autonome di Trento e di Bolzano.

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La griglia Lea strumento inadeguato

Secondo Gimbe quest'analisi mostrerebbe oramai la necessità di superare lo strumento dei Lea "sempre più inadeguato per valutare la reale erogazione delle prestazioni sanitarie e la loro effettiva esigibilità da parte dei cittadini". I motivi?

  • Innanzitutto, la griglia LEA ha modeste capacità di identificare gli inadempimenti per il numero limitato di indicatori e per le modalità di rilevazione, ovvero l’autocertificazione da parte delle stesse Regioni.
  • In secondo luogo, lo strumento si è progressivamente “appiattito” perché indicatori e soglie di adempimento non hanno subito negli anni rilevanti variazioni e non vengono modificati dal 2015. Ancora, la soglia di adempimento per la “promozione” è rimasta negli anni la stessa: 160 su 225 punti.
  • Infine, il monitoraggio viene reso pubblico con due anni circa di ritardo, impedendo tempestive azioni di miglioramento.
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