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“Sai perché mi batte il corazon, ho visto Vasco Rossi”: Napoli innamorata del rocker

Vasco Rossi è tornato a Napoli per il suo nuovo tour ed è stato accolto da 45 mila persone che gli hanno dedicato il coro storico per Diego Armando Maradona.
A cura di Francesco Raiola
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Vasco Rossi allo stadio Maradona di Napoli (Foto Fanpage.it)
Vasco Rossi allo stadio Maradona di Napoli (Foto Fanpage.it)

A un certo punto del concerto che Vasco Rossi ha tenuto allo Stadio Diego Armando Maradona è partito il coro che un po' tutti si aspettavano: "O mamma mamma mamma sai perché mi batte il corazón? Ho visto Vasco Rossi, ho visto Vasco Rossi, ué mammà, innamorato son". Coro che a Napoli era tributato al campione argentino e che nella serata del ritorno di Vasco in città è stato dedicato a lui dai 45 mila che dalla mattina erano assiepati fuori lo stadio di Fuorigrotta solo per rivederlo finalmente cantare a Napoli. Un'attesa soddisfatta da un live che, come abbiamo imparato a conoscere è unico in Italia, per grandezza del palco, per luci, scenografia, suono. Uno spettacolo imponente che con lo sfondo dei 45 mila del Maradona ha fatto un effetto dall'impatto enorme.

Lo spettacolo era sul palco, ma lo si viveva appieno anche dandogli le spalle perché, a costo di risultare banali, il pubblico di Vasco è uno spettacolo a sé e uno dei pochi veramente intergenerazionali. Davanti a noi due bambini tra i 5 e gli 8 anni ballano sulle note delle sue canzoni, alle mie spalle un muro di ragazzi e ragazze a petto nudo e reggiseno, a fianco 40enni e poco più in là persone sulla sessantina. Il colpo d'occhio del San Paolo pieno è incredibile, girandosi verso la curva A si vede lo stadio pieno e il prato stracolmo di persone. L'effetto è straniante, dopo due anni di pandemia, ma al contempo sorprendente, specie quando il tutto si incastra con il gioco di luci che parte dal palco.

Il pubblico di Vasco Rossi allo stadio Maradona di Napoli (Foto Fanpage.it)
Il pubblico di Vasco Rossi allo stadio Maradona di Napoli (Foto Fanpage.it)

E che palco! Vasco ha messo su un'astronave su cui si muove come un ragazzino, anche se a tratti, sfruttando lunghi assoli o momenti di buio, scompare per prendersi una pausa. Ma i suoi musicisti sono comunque star agli occhi dei suoi fan e così riescono a tenere l'attenzione su di sé, facendo dimenticare per un attimo di controllare che fine abbia fatto il cantante. La scaletta è rodata, riprende quelle delle date precedenti con una commistione tra pezzi nuovi e le grandi hit, con rituali che non cambiano mai, come sa chiunque si sia trovato nel pubblico mentre parte Rewind con reggiseni che volano verso il palco da qualunque parte.

Non c'è una persona che non canti a memoria tutto, dalle canzoni più nuove ai classici, perché funziona così, perché per i fan Vasco è una religione, come ci dicono fuori dallo stadio. Dal Belgio, dalla Calabria, fuori e dentro al Maradona si sentono tantissimi accenti diversi, ma un'unica voce quando si è uno a fianco all'altro, mentre Vasco canta "Un senso", "C'è chi dice no", "Gli spari sopra", "Stupendo", giù giù fino al filotto conclusivo di "Sballi ravvicinati del terzo tipo", "Toffee", "Sally", "Siamo solo noi", "Vita spericolata", "Canzone" e "Albachiara". Nel mezzo Vasco parla di Napoli, dice al pubblico quanto gli è mancato, oppure parla della guerra, "Fuck guerra, fanculo alla guerra" urla dal palco sottolineando come la guerra uccida donne, anziani e bambini. Insomma, un Vasco che la prende larga, poi stringe, che corre sul palco, cerca di far contenti tutti, saluta, fa occhiolini, cala, insomma, tutto l'armamentario che negli anni ne hanno fatto una delle certezze del live italiano.

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