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Geolier canta il figlio del boss, lo storico Marcello Ravveduto: “Così trasforma critiche in punto di forza”

Il cantante napoletano Geolier ha citato, in una delle ultime canzoni, la condanna a Crescenzo Marino, figlio del capoclan delle Case Celesti, e ha parlato della loro amicizia.
Intervista a Marcello Ravveduto
Marcello Ravveduto, storico e studioso della comunicazione mafiosa, Università di Salerno
A cura di Nico Falco
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Geolier e Crescenzo Marino
Geolier e Crescenzo Marino

Nell'ultimo album di Geolier, nella canzone "Nun sacc' perdere", c'è un riferimento al suo amico Crescenzo Marino, figlio del capoclan Gennaro "McKay", boss detenuto delle Case Celesti; anche il ragazzo è in carcere, da luglio 2022, e ad agosto scorso ha incassato 10 anni di reclusione in primo grado per camorra. Il rapper, originario del rione Gescal di Miano e cresciuto a Secondigliano, è stato tra i protagonisti della scorsa edizione di Sanremo e nella prossima potrebbe essere un ospite speciale o co-conduttore in una delle serate. Abbiamo chiesto una interpretazione di questa citazione a Marcello Ravveduto, storico e studioso della comunicazione mafiosa, docente all'Università di Salerno.

Professor Ravveduto, nel testo Geolier è tornato a parlare di Marino. Il cantante non ha mai nascosto l'amicizia di lunga data che c'è tra loro, in più occasioni ha sostenuto che sia in carcere da innocente e ora ha parlato della condanna. 

Dire che il suo amico ha preso 10 anni lo rende autentico, allontanando l'immagine di quello che ha fatto i soldi e dimentica da dove è venuto. Geolier evolve, cambia, diventa sempre più una popstar a livello nazionale, è molto seguito, oggi fa anche il testimonial per brand importanti, ma non dimentica le sue origini.

È un riferimento all'amico o può essere inteso anche come messaggio ai fan?

In fondo, la polemica su di lui verte tutta su questa sua partenza di giovane che vive la strada a Secondigliano e tornarci sopra, ora che le condizioni sono cambiate e si è esibito già allo stadio Maradona, significa trasformarle in un punto di forza identitario sebbene rimanga ambiguo eticamente. Ma lui fa il cantante, non il magistrato.

Nei giorni scorsi, su TikTok, è stato pubblicato un fumetto che sarebbe stato scritto e disegnato, in prima persona, da Crescenzo Marino.

Si tratta della difesa che quel mondo ha sempre fatto quando si è trovato condannato. Dicono che l'appartenenza è limitata ai motivi familiari, che sono bravi ragazzi, che sono cresciuti in un contesto particolare. A questo punto uno dovrebbe farsi una domanda. Se è un errore giudiziario, è pericoloso e bisogna capire perché l'hanno condannato. Se, invece, è un sentenza perché ha commesso dei reati legati al clan, allora evidentemente questo fumetto è una sorta di memoriale per difendersi, per trasformarsi in una vittima della giustizia.

In questo secondo caso rientrerebbe in uno degli aspetti che stiamo studiando della comunicazione mafiosa, ovvero la post verità. La sua verità è diversa da quella della giustizia e tutte le verità, trasformandosi in narrazioni, hanno lo stesso valore. Se per la giustizia è un criminale, secondo la sua verità si considera un bravo ragazzo e vuole dire questo al suo mondo, al mondo di persone che vivono la sua stessa idea di verità, una verità ideologica in cui si è vittima di alcune condizioni e non si è perseguiti per reati commessi.

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