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“La pizza è e resterà un prodotto popolare. Perché è questo il suo successo”

Non solo Briatore: il tema del costo della pizza è molto più ampio e complesso e riguarda una serie di questioni. Luciano Pignataro, giornalista ed esperto di enogastronomia lo spiega a Fanpage.it.
Intervista a Luciano Pignataro
Giornalista, scrittore e gastronomo
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Luciano Pignataro / foto Fb
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Luciano Pignataro, giornalista e scrittore, uno dei più grandi esperti di enogastronomia e "cultura del cibo" quando inizia l'intervista con Fanpage.it sull'argomento pizza dopo le recenti polemiche, esordisce con una battuta che racchiude un mondo intero: «Sicuramente Flavio Briatore sa usare i social network. Al pari dei pizzaiuoli napoletani…».

Pignataro, dunque ha ragione o no Briatore? Chi paga una pizza 4-5 euro deve porsi il problema degli ingredienti?

Sicuramente l'affermazione di Briatore è stata strumentale. Una pizza margherita a 4-5 euro è fattibile. E non lo dico per la retorica secondo la quale deve essere un piatto popolare, ma perché c'è un ricarico e un margine di guadagno tale per cui, alla fine, il prodotto non può costare a chi lo fa più di 2 euro.

L'imprenditore di Crazy Pizza sostiene invece che in questo modo un suo collega, per rientrare dei costi, dovrebbe venderne migliaia al giorno…

L'altra scorrettezza di Briatore è ipotizzare che chi vende la pizza a questi prezzi o non sia in regola con il personale o non paghi le tasse. È come vedere un produttore di vino Sassicaia che attacca la cantina sociale che propone vino a 3 euro sostenendo che può farlo soltanto perché evade le tasse.

 Come si stabilisce il prezzo di una pizza? 

Il tema è che "si vende" anche il racconto. Il costo di un prodotto è sì determinato dai costi della materia prima, dal lavoro, ma anche e soprattutto dai costi del fitto del locale. Certamente una pizza a 5 euro sul Lungomare di Napoli non la vedremo mai, visto che lì gli affitti dei locali costano pure 15-20mila euro. Ma che so, a Caivano, venderla a 5 euro ha un suo perché. Quel che sostiene Briatore è efficace nella comunicazione, ma non se vuoi andare davvero a fondo sulla questione. Poi c'è la questione dei prodotti…

Vale a dire?

Anche se metti il prosciutto Patanegra su una pizza non è detto che quest'ultima debba arrivare a costare 65 euro. Quel che paghi è l'ambiente, è il racconto, è la voglia di stare in un determinato posto esclusivo. Ma il "conto della serva" che Briatore ha fatto in quel video di Instagram, elencando i costi di prosciutto, grano, pomodoro, non determina il costo finale. Diciamo che Briatore sa usare bene i social. Al pari, però, dei pizzaiuoli napoletani…

Dobbiamo abituarci a pizze gourmet dai costi sempre più alti e dire addio alle classiche margherita e marinara più birra?

No. La pizza è e resterà prodotto popolare perché è quello il suo successo.

Perché può affermarlo con una tale convinzione?

Analizziamo gli ultimi anni dell'Italia. Dopo la crisi di Lehman Brothers (quella dei mutui subprime nel 2008 ndr.), il potere di acquisto delle famiglie è sceso. E cosa è successo? Le famiglie hanno tagliato sui consumi. Quali? Sicuramente anche ristoranti e trattorie. Se facciamo i calcoli, moglie marito e un figlio se vanno in una trattoria, non spendono meno di 120 euro. Diciamo non meno di 30-35 euro a testa. Quante serate posso fare una pizzeria di lusso? Due, o forse tre. Ed è questo il motivo economico per il quale anche paninoteche e friggitorie, hanno avuto successo. Sono cambiate le abitudini. E tu con quattro soldi e un tipo di lusso accessibile a tutti riesci a passare una serata in famiglia o con gli amici. Ripeto: è un prodotto che ha successo perché resta accessibile a tutti.  Certo poi ci sono le esagerazioni. Ma non le ha mica inventate Briatore, sa? Io ricordo la pizza contemporanea di Simone Padoan col gambero rosso di Mazara ed era il 2009-2010. La verità è che la pizza è e resterà un piatto interclasissta, non povero.

Ultima questione: la pizza senza lievitazione possiamo definirla pizza?

Difficile rispondere. Diciamo che la pizza nostrana non è l'unico stile possibile. Sul piano storico ha sempre viaggiato e incontrato i gusti del posti in cui è stata. Abbiamo la Chicago, la New York style, quella di San Paolo in Brasile, la pizza romana, la pizza all'italiana. Se ragioniamo così anche la sua è pizza. Del resto di che parliamo? Di un piatto che si mangia, quindi anche il suo lo è. Non è sicuramente "alla napoletana" ma a onor del vero lui non lo ha mai rivendicato. Poi c'è la convinzione secondo la quale una pizza non lievitata non faccia ingrassare. Questa però, me lo lasci dire, è una stronzata.

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