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Le mani della camorra sulla TAV, quando lo Stato promise: “Non ci sarà corruzione”

Nel giorno dell’inaugurazione della stazione Tav di Afragola, il 7 giugno del 2017, i vertici delle istituzioni promisero che non ci sarebbe stata corruzione e si sarebbe vigilato con attenzione sugli appalti. Ancora una volta, lo Stato è arrivato tardi.
A cura di Antonio Musella
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È  impietoso il quadro che emerge dall'inchiesta della Procura della Repubblica di Napoli sul clan Moccia di Afragola, uno dei più potenti della camorra napoletana. L'indagine ha portato a 57 ordinanze di custodia cautelare eseguite dal ROS dei Carabinieri, le accuse a vario titolo sono di estorsione, riciclaggio e corruzione. Tra le parti interessanti dell'inchiesta giudiziaria quella che riguarda gli interessi del clan Moccia sui lavori per l'Alta Velocità. Il clan è riuscito a mettere le mani sugli appalti di RFI (Rete Ferroviaria Italiana) grazie ad un sistema di raggruppamenti di imprese legate a imprenditori incensurati ma di fatto legati al clan. Un sistema di prestanome che fu portato alla luce anche dall'inchiesta di Fanpage.it "Le mani della camorra sulla Tav" pubblicata proprio 24 ore prima dell'inaugurazione della stazione di Afragola, e che oggi viene citata nelle 2000 pagine di ordinanza della Procura.

A sentirle oggi le dichiarazioni dei rappresentanti istituzionali rilasciate quel 7 giugno del 2017, quando si inaugurò la nuova stazione Tav di Afragola, lasciano imbarazzo ed amarezza.

Disse il Presidente del Consiglio di allora, Paolo Gentiloni:

Dobbiamo dirlo con forza, qui lo Stato sarà presente e garantirà con forza la sicurezza di questo territorio. Se arriva sviluppo non è detto che debba arrivare violenza e corruzione, deve succedere esattamente il contrario.

Di certo non si può addurre nessuna responsabilità all'ex presidente, ma in quel momento, su quel territorio, era lo Stato a parlare, nell'espressione dei suoi massimi vertici. A 4 anni di distanza possiamo dire che, ancora una volta, insieme allo sviluppo è arrivata la corruzione e la violenza. Sono due i dipendenti di RFI arrestati per corruzione (uno di questi non più in organico), avrebbero favorito l'ingresso di ditte legate al clan Moccia, ma gestite da prestanome, negli appalti per la TAV. Il Ministro dei Trasporti del tempo, Graziano Del Rio, parlò di massima attenzione contro le infiltrazioni:

Siamo molto fiduciosi sull'attività investigativa, dovremmo intervenire contro le infiltrazioni con l'autorità nazionale, con i prefetti, i ministeri, i sindaci.

Il presidente della Regione Campania, Vincenzo De Luca, ammise preoccupazione rispetto alla presenza dei Moccia sui terreni intorno alla stazione, ma tranquillizzò:

È un problema, bisogna intervenire con il monitoraggio dei movimenti fondiari è un lavoro da fare con grandissima attenzione, incrociando i dati. Ma non fasciamoci la testa, non abbiate paura, apriamo i cantieri perché la gente ha bisogno del pane e del lavoro e non delle carte bollate

Tutte dichiarazioni di buon senso e senza dubbio nessun interesse specifico apparteneva a quei rappresentanti istituzionali rispetto a quell'opera pubblica, se non l'interesse di monitorare sul rispetto della legalità. Eppure lo Stato non c'è riuscito. Il clan che tutti conoscevano per essersi specializzato in costruzioni e calcestruzzo, il clan che contava i suoi vertici a piede libero tra la Campania e la città di Roma, quelli che se li definivi "camorristi" querelavano giornalisti, politici e forze dell'ordine, l'hanno fatta sotto al naso a tutti.

Forse quella genuina attività di controllo su cui i vertici dello Stato garantivano massima attenzione quel 7 giugno del 2017, poteva essere svolta prima, quando i campanelli di allarme erano già tanti. Pochi giorni prima, il 25 maggio del 2017, l'imprenditore Salvatore Caputo era stato ucciso proprio sul territorio dei Moccia, ed era considerato un anello di collegamento tra il clan e gli imprenditori.

Ancor prima, all'inizio del 2017, le indagini dell'allora comandante della polizia municipale di Afragola Luigi Maiello, portarono al sequestro di alcuni terreni intorno alla stazione TAV di Afragola, ancora in costruzione, intestati ad un'azienda ma il cui titolare di fatto risultava essere proprio Antonio Moccia, che si presentò, come mostrò il video pubblicato da Fanpage.it, di persona agli agenti della municipale durante le operazioni di sequestro.

C'erano le voci della commissione Antimafia, in cui al tempo sedeva Rosaria Capacchione, che ricordava come un'opera pubblica come la stazione di Afragola che insisteva sul territorio dei Moccia non poteva non prevedere un interesse dal clan. Ci si è arrivati solo dopo 4 anni, grazie all'impegno della magistratura e delle forze dell'ordine, a testimonianza di come probabilmente, quel connubio perverso tra sviluppo e malaffare in Campania è ancora ben lontano dall'essere sradicato.

Rfi: "Avviati controlli sulle ditte"

Rete Ferroviaria Italiana, in una nota fa sapere che:

ha appreso dalle fonti di stampa che l’inchiesta della Procura di Napoli su presunte infiltrazioni camorristiche in appalti ferroviari ha coinvolto due suoi dipendenti, posti agli arresti domiciliari.

Nei confronti di uno ha già attivato idonee procedure, riservandosi ogni ulteriore iniziativa non appena disponibili le informazioni occorrenti. L’altro, invece, non risulta più in organico. RFI, che comunque nella vicenda si ritiene parte lesa, si attiverà per avere evidenza degli atti al fine di conoscere il nome delle ditte coinvolte nell’inchiesta e il loro ruolo negli appalti. A quel punto potrà adottare, anche nei loro confronti, le più appropriate iniziative che possono includere l’inibizione dal sistema di qualificazione e la sospensione dei contratti eventualmente ancora attivi.

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