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Incendio al Maschio Angioino, c’è la “firma”: ipotesi collegamento con raid a Palazzo Reale

Due scritte, “Lupin Angioino” e “Maschio Angioino”, trovate a Palazzo Reale, potrebbero collegare il raid vandalico agli incendi del Maschio Angioino.
A cura di Nico Falco
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Potrebbero esserci le stesse persone dietro i due roghi registrati nel Maschio Angioino e il raid vandalico nel Palazzo Reale, dove un ufficio è stato messo a soqquadro: gli agenti della Digos e della Polizia Scientifica hanno trovato quella che potrebbe essere la "firma" dei vandali, ovvero due fogli con le scritte "Lupin Angioino" e "Maschio Angioino" che sono stati trovati nell'ufficio di Palazzo Reale.

Sull'accaduto è stato aperto un fascicolo, le indagini sono coordinate dall'ufficio inquirente partenopeo retto dalla facente funzioni di procuratore Rosa Volpe. I due incendi nel Maschio Angioino sono stati appiccati all'interno di un deposito della Torre dell'Oro, dove si trovavano vecchie ordinanze comunali destinate al macero, e in un cassonetto di rifiuti all'esterno del monumento; la struttura è sprovvista di custode notturno, l'allarme è stato lanciato da un vigilante. All'interno del castello i vandali sarebbero entrati passando attraverso un portone lasciato aperto. La videosorveglianza non è presente: la Digos sta analizzati dei filmati registrati con vecchi sistemi di monitoraggio analogici.

Nell'ufficio di Palazzo Reale, adiacente a quelli della Sovrintendenza, sono stati scaraventati a terra computer e alcuni faldoni. I due fogli sono stati trovati nel corso dell'ispezione; la scritta "Lupin Angioino" è stata realizzata con uno smalto per unghie di colore rosso trovato in un cassetto mentre quella "Maschio Angioino" con un evidenziatore giallo. Col passare delle ore l'ipotesi del movente anarchico sembra indebolirsi e prende invece corpo quello di una ritorsione, legato forse ad un licenziamento, ad una mancata assunzione; la vicinanza dell'ufficio con quelli della Sovrintendenza fa ritenere plausibile anche che il raid teppistico possa essere stata la reazione di qualcuno che potrebbe essersi visto negato un permesso o un'autorizzazione.

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