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“Il boss ci chiuse il telefono in faccia”: così è cominciata la guerra delle bombe a Ponticelli

Le ostilità tra i De Martino e i De Luca Bossa di Ponticelli sarebbero cominciate dopo la scoperta di un’auto rubata che era stata parcheggiata “fuori zona”.
A cura di Nico Falco
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Una delle bombe esplose a Ponticelli
Una delle bombe esplose a Ponticelli

Un'auto rubata e parcheggiata "fuori zona", una richiesta di chiarimento al telefono, il boss che non risponde e anzi attacca il telefono. Sarebbe così cominciata la guerra tra i clan De Luca Bossa – Minichini e i De Micco – De Martino di Ponticelli, combattuta a suon di bombe: gli attentati sarebbero partiti proprio dopo quella chiamata e sarebbero stati l'offensiva dei De Luca Bossa. La circostanza, raccontata da un collaboratore di giustizia, emerge dall'ordinanza, eseguita oggi dai carabinieri, che ha portato in carcere 6 presunti affiliati al clan di "Tonino ‘o Sicco", accusati di un agguato dinamitardo contro i rivali e di possesso di armi e di droga.

Bombe a Ponticelli, in manette 6 dei De Luca Bossa – Minichini

Le manette sono scattate questa mattina. Gli indagati sono ritenuti responsabili, a vario titolo, di detenzione illegale di armi ed esplosivi, detenzione di stupefacenti e ricettazione, tutti con l'aggravante mafiosa. Destinatari della misura sono Christian Marfella, 28 anni, figlio dell'ex boss di Pianura Giuseppe Marfella e di Teresa De Luca Bossa, quindi fratellastro di Antonio De Luca Bossa alias "Tonino ‘o Sicco"; Luca Concilio, 39 anni; Alessandro Ferlotti, 30 anni, Ciro Flauto, 20 anni; Lorenzo Valenzano, 29 anni; Annamaria Amitrano, 41 anni.

La donna, detta "Bambola di Pezza", è la sorella del ras Domenico Amitrano, alias "Mimì ‘a Puttana"; di recente è stata vittima di un attentato incendiario: la notte del 18 dicembre la sua automobile, una Fiat Panda, è stata data alle fiamme in via Cleopatra; pochi giorni prima, la notte del 15 dicembre, la stessa sorte era toccata ad una Jeep intestata alla nipote omonima della 41enne, figlia di Domenico Amitrano, e in uso al compagno della ragazza, attualmente detenuto.

L'auto fuori zona e la telefonata di chiarimento: l'inizio delle bombe di Ponticelli

A raccontare dell'inizio delle ostilità tra i due clan, in un verbale datato 3 agosto 2022, è Antonio Pipolo, ex uomo dei De Micco, diventato collaboratore di giustizia pochi giorni prima. L'uomo si era consegnato alle forze dell'ordine e si era accusato del duplice omicidio avvenuto il 21 luglio nel rione Fiat: erano stati uccisi il 29enne Carlo Esposito, detto Kallon, inquadrato nel clan De Martino, e il 56enne Antimo Imperatore, 56 anni, operaio innocente che non era coinvolto in dinamiche criminali e che si trovava a casa di Esposito per montare delle zanzariere. Pipolo si sarebbe costituito dopo aver saputo che il suo stesso clan lo voleva morto e stava architettando di ammazzarlo facendo sembrare che fosse rimasto vittima di una rissa in discoteca.

L'episodio risale agli inizi del 2021, pochi giorni prima dell'omicidio di Giulio Fiorentino, ai vertici dei De Martino. In quel periodo i De Luca Bossa – Minichini e i De Micco – De Martino sono già in contrasto per dissidi sulla spartizione dei proventi degli stupefacenti: il primo clan, racconta Pipolo, si sarebbe impossessato degli introiti delle piazze di spaccio che erano state rifornite dal secondo. In quella controversia sarebbe intervenuto anche il clan Mazzarella, che aveva fornito inizialmente la droga, e si sarebbe arrivati all'accordo che i De Luca Bossa – Minichini avrebbero restituito il denaro. Si sarebbe quindi raggiunta una sorta di pace, ma dagli equilibri fin troppo precari.

La scintilla arriva poco dopo, quando viene arrestato un uomo dei De Luca Bussa per furto: viene beccato nel Lotto 6 mentre parcheggia una Fiat Idea rubata. I De Micco, spiega Pipolo, a quel punto pensano che quell'automobile avrebbe dovuto essere utilizzata per un agguato contro di loro e decidono di chiedere spiegazioni a Luigi Austero, indicato dal pentito come reggente del clan. L'uomo, però, quando gli viene domandato di quella Fiat, stacca la telefonata.

E le bombe cominciano subito dopo. Gli attentati furono due: il primo distrusse l'automobile di Francesco Clienti, detto "Tattà", la seconda fu quella lanciata dal cavalcavia per la quale furono fermati diversi uomini dei De Luca Bossa. "Partirono all'attacco – dice Pipolo – perché capirono che avevano capito".

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