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Giro di prostitute cinesi gestito con call center e telecamere, case d’appuntamenti in tre regioni

Sei arresti dei carabinieri tra Napoli e Benevento. Al vertice due sorelle cinesi, durante il lockdown avevano cominciato anche a coltivare droga.
A cura di Nico Falco
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Repertorio
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Gestivano un giro di prostituzione di ragazze cinesi "centralizzato", con un call center che smistava le chiamate dopo aver verificato la disponibilità tramite le telecamere. Quando era arrivato il lockdown, con tutte le limitazioni agli spostamenti, avevano poi "diversificato le attività", investendo anche nella coltivazione di droga. Un sistema su cui hanno fatto luce i carabinieri di Benevento e che ha portato alle misure cautelari eseguite questa mattina: in manette 6 persone, tra cui le due donne ai vertici, due sorelle cinesi di 48 e 45 anni, e i proprietari degli appartamenti che usavano per far prostituire le connazionali.

Il giro di prostituzione gestito col call center

L'attività veniva pubblicizzata su siti Internet a sfondo sessuale, dove le prestazioni venivano offerte senza nemmeno troppi giri di parole. Quando il cliente chiamava al numero indicato, convinto di parlare con la ragazza dell'annuncio, aveva invece a che fare col call center: la "centralinista" contrattava la tariffa, che andava dai 30 agli 80 euro, e dopo aver controllato sugli schermi collegati a telecamere la disponibilità delle varie case di appuntamento smistava il cliente verso quella più vicina o quella libera. Il call center si trovava a Napoli, nella zona del Vasto, dove risiedono le due sorelle, mentre gli appartamenti erano su tutto il territorio italiano: province di Benevento, Avellino, Salerno, Sassari e Cosenza.

L'ordinanza, emessa dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della Procura della Repubblica locale, retta da Aldo Policastro, è stata eseguita dai carabinieri della Compagnia di Montesarchio tra Napoli e Telese Terme (Benevento). Le due donne, raggiunte da custodia cautelare in carcere, sono accusate di associazione per delinquere finalizzata allo sfruttamento della Prostituzione, coltivazione di sostanza stupefacente del tipo marijuana, furto, ricettazione, sostituzione di persona, favoreggiamento della permanenza illegale nel territorio dello Stato.

Gli altri quattro sono una coppia residente nella Valle Telesina e due stranieri residenti a Napoli, per i quali sono stati disposti gli arresti domiciliari; rispondono di favoreggiamento. Alcuni degli indagati sono inoltre accusati di avere percepito senza averne il diritto il reddito di cittadinanza.

Documenti sequestrati alle ragazze

Alle ragazze vittime delle due, arrivate in Italia probabilmente con la prospettiva di un lavoro nelle attività riconducibili alle comunità cinesi, veniva sequestrato il passaporto, impedendo così che potessero fuggire. Inoltre, venivano trasferite spesso da un appartamento all'altro: un sistema per "variare l'offerta" ma, soprattutto, per tagliare sul nascere qualsiasi legame col territorio, evitare che stringessero contatti con persone del posto e tenerle perennemente in stato di emarginazione e quindi in balìa dell'organizzazione.

La droga durante il lockdown

Le indagini dei carabinieri sono durate dal settembre 2020 al maggio 2021. I guadagni limitati a quel periodo, che si evincono da "libri mastro" e documentazione cartacea sequestrati, sono stati di centinaia di migliaia di euro; è verosimile che quindi complessivamente siano stati di diversi milioni.

L'organizzazione coltivava anche stupefacenti, attività che secondo gli investigatori avrebbe avviato proprio col lockdown, probabilmente per arginare le ripercussioni dei divieti agli spostamenti sulla prostituzione. Nel febbraio 2021 i militari avevano individuato un capannone di Puglianello, in provincia di Benevento, dove venivano custoditi 1.350 piante e 54 chilogrammi di marijuana già essiccata; la coltivazione avveniva nelle vicinanze, in un terreno affittato.

Altra droga è stata rinvenuta a Napoli, nel corso delle perquisizioni, nelle disponibilità di una delle sorelle. Su questo aspetto sono in corso ulteriori indagini: la marijuana rinvenuta non era ancora divisa in dosi, circostanza che farebbe ritenere che sarebbe stata venduta all'ingrosso; non si esclude al momento che fosse destinata a spacciatori interni alle comunità cinesi.

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