281 CONDIVISIONI
Guerra in Ucraina

25 Aprile Napoli, “l’Ucraina oggi ci ricorda l’orrore della guerra e l’importanza della democrazia”

Il professor Guido D’Agostino, presidente dell’Istituto di Storia della Resistenza della Campania, a Fanpage.it: “La Liberazione ha cambiato la vita agli italiani”. Oggi cerimonia in piazza Salvo d’Acquisto a Napoli. Ad Acerra il Presidente Mattarella conferirà la medaglia d’oro per l’eccidio del ’43.
Intervista a Guido D'Agostino
presidente dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza “Vera Lombardi” e docente universitario di Storia
A cura di Pierluigi Frattasi
281 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

“Qualcuno ha scritto recentemente che la Festa della Liberazione del 25 Aprile in Italia somiglia sempre più ad una ‘festa degli addii’, cioè una cerimonia in cui si celebra qualcosa che si pensa che non si verificherà più. L’orrore della Guerra in Ucraina a cui stiamo assistendo in questi giorni, ci ricorda drammaticamente che non è così. La Liberazione ci ha cambiato la vita, ha cambiato il modo di essere degli italiani. Ci ha dato la libertà. Ma vi immaginate come sarebbe stata l’Italia se avesse vinto il nazifascismo?”. Non ha dubbi Guido D’Agostino, presidente dell’Istituto Campano per la Storia della Resistenza “Vera Lombardi” (ICSR), il più grande del Mezzogiorno, e professore emerito di Storia dell’Università Federico II di Napoli.

Oggi Mattarella ad Acerra per la Liberazione

Per il 77esimo anniversario della Liberazione, avvenuta il 25 aprile del 1945, il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, oggi sarà ad Acerra, in provincia di Napoli, per conferire alla città la medaglia d’oro al merito per essersi sollevata contro i nazisti tra il 1 e il 3 ottobre 1943, così come avvenuto alcuni giorni prima a Napoli, con le Quattro Giornate (27-30 settembre). A Napoli il sindaco Gaetano Manfredi e il professor Guido D'Agostino parteciperanno alla deposizione della corona al monumento a Salvo D'Acquisto in onore ai caduti per la Commemorazione del 77° Anniversario della Liberazione, in piazza Carità, alle ore 9,00.

Professore, cosa ha significato la Liberazione per l’Italia?

È stata la liberazione dalla guerra, dal fascismo, dal nazismo e ha messo l’Italia su un’altra strada. Come fatto storico rappresenta uno degli avvenimenti più importanti del nostro Paese. L’intreccio tra Liberazione, nascita della Repubblica e Costituzione, propiziate dalla lotta della Resistenza e dal movimento di liberazione dei partigiani e dell’antifascismo, ha definito l’intero apparato istituzionale e politico italiano. Come ha detto Erri De Luca recentemente, la Liberazione riguarda tutti gli italiani, perché ha messo le basi di come si sarebbe dovuto vivere dopo. Ma la trasmissione di un fatto storico non è sempre uguale a se stessa e non batte sempre sugli stessi tasti.

Che significa?

Al di là dell’aspetto storiografico, il significato della liberazione ogni anno è stato vissuto in maniera diversa. Sono trascorsi 77 anni e nel tempo c’è stato anche chi ha smesso di riconoscersi nel 25 Aprile e non ne vede più l’importanza. Non parlo dei giovani che non ne hanno memoria, perché la storiografia supera questo dislivello generazionale. Già negli anni immediatamente successivi c’è stato chi si è rammaricato che fosse successo e chi ha negato che se ne facesse una celebrazione unitaria.

Perché si è scelta la data del 25 aprile?

Anche su questo punto c’è stata una disputa. Il 25 aprile è la data in cui fu pubblicato il proclama, un manifesto a stampa, nel quale si esortavano le tre grandi città del nord, Milano, Torino e Genova a ribellarsi. Mentre la liberazione vera e propria, con la cacciata dei tedeschi, avvenne il 28 aprile. Valsero all’epoca nella scelta delle data ragioni di opportunità politica.

Come inquadra la Festa della Liberazione nel 2022?

È un anno particolare e probabilmente tutti percepiamo più fortemente il senso di liberazione perché stiamo uscendo da una pandemia. Anche se la tragedia della guerra russo-ucraina ci affligge e ci auguriamo tutti che finisca presto. Ogni anno è come se assistessimo ad una reinvenzione dell’anniversario.

Il Museo della Shoah presso l'Istituto della Resistenza della Campania di Fuorigrotta
Il Museo della Shoah presso l'Istituto della Resistenza della Campania di Fuorigrotta

È possibile confrontare la resistenza in Ucraina con quella Italiana della Seconda Guerra Mondiale?

Sono due periodi storici differenti. Io eviterei confronti. Ho letto le polemiche per le dichiarazioni di Pagliarulo, dell’Anpi, lo conosco e non credo che abbia voluto esaltare la Russia contro l’Ucraina. Oggi forse c’è la possibilità di rendersi conto maggiormente degli orrori della guerra.

Il Presidente Mattarella ha scelto di andare ad Acerra il 25 aprile, perché?

L’eccidio di Acerra, con la morte di 88 persone che si ribellarono ai tedeschi, è avvenuto nel 1943, pochi giorni dopo le Quattro Giornate di Napoli. La scelta del Capo dello Stato va letta in questo senso. La vera liberazione a Napoli è stata anticipata di due anni rispetto al 25 aprile del 1945. L’abbiamo fatta con le Quattro giornate, a settembre del ’43, prima dello sbarco degli Alleati a Salerno. Dopo il 1 ottobre, l’esercito nazista era in fuga verso Nord e si rese responsabile di diversi eccidi in Campania, in particolare in Terra di Lavoro.

Siamo a pochi giorni dalle Quattro Giornate di Napoli e in parecchi vennero contagiati. Ad Acerra ci fu una sollevazione popolare contro i tedeschi. Ma si contano stragi anche a Nola, dove furono fucilati 12 militari, a Caiazzo, sul Monte Carmignano, all’ingresso della città, dove furono uccisi anche i bambini. A Bellona, in provincia di Caserta, conosciuta come le fosse ardeatine campane, dove i tedeschi gettarono i cittadini in una cava abbandonata, forse senza nemmeno ucciderli prima. C’è una cosa, riguardo alla Liberazione che mi sta molto a cuore come storico meridionale.

Quale?

La prospettiva della Liberazione dal Mezzogiorno non è la stessa. In gran parte della cultura italiana ancora oggi corre un fortissimo pregiudizio anti-meridionale. I napoletani, come ho detto, hanno vissuto la Liberazione nel 1943, due anni prima del 25 aprile del ’45. La storia del Mezzogiorno per due anni è cambiata. Era finita la guerra. Erano arrivati gli Alleati. Si era formato al Sud un governo, espresso dal Comitato di Liberazione. La capitale è a Brindisi, poi a Salerno. A Napoli si ricostituisce il Regno d’Italia, si costituisce un governo locale, si nominano sindaci e assessori. Ci sono scelte politiche, rapporti internazionali, si comincia a gettare le basi di quello che potrà diventare l’Italia. Tutto questo, mentre il resto del Paese è occupato dai tedeschi. Roma si libererà solo a giugno del ’44. Firenze viene liberata ad agosto del ’44, le altre città ad aprile del ’45. In quegli anni l’Italia è divisa in tre ed ha tre storie diverse.

Qual è il suo giudizio?

Perché non ammettere che anche la Resistenza è cominciata a Napoli, mentre il centro nord sostiene che non ci sia stato niente? Perché insistere che le Quattro Giornate sono una cosa da scugnizzi, invece di dire, come Luigi Longo, che Napoli rappresentò per tutto il Paese il modello di quello che sarebbe stato necessario fare? Cioè insorgere violentemente contro i nazisti? Il 28 aprile del 1945, il Comitato di Liberazione Nazionale di Napoli scrisse a chi si era ribellato al Nord una lettera nella quale sostanzialmente diceva: siamo felici di come le cose siano state realizzate, vi raccomandiamo però che non ricominci il solito cattivo rapporto tra Nord e Sud.

Quali sono le conseguenze?

Senza questo passaggio, non si comprendono molte cose, come la reazione della città e del Sud al referendum del 2 giugno ’46, quando il Mezzogiorno e Napoli votano per la Monarchia, non per la Repubblica, che vinse con 2 milioni di scarto di vantaggio. Ma a Napoli la gente non lo accettava. Ci furono morti negli incidenti dell’8 e 9 giugno ’46. Pochi mesi dopo si votò al Comune per la prima volta e votarono in maniera massiccia per l’uomo qualunque. Mentre il 52% dei napoletani non andò proprio a votare. Insomma, le prime mosse dopo la Liberazione riflettono più il bisogno di protezione tradizionale che l’istinto di libertà che li aveva animati durante le Quattro Giornate di Napoli. Si è parlato recentemente di una Napoli “città sospesa”. Ma questa definizione, a mio giudizio, non rende ragione di quanto avvenuto.

Manifesto del referendum Repubblica-Monarchia del 2 giugno 1946 conservata all'Istituto della Resistenza della Campania
Manifesto del referendum Repubblica-Monarchia del 2 giugno 1946 conservata all'Istituto della Resistenza della Campania

Nel 2021, l'ICSR ha inaugurato una collana di libri che contengono le biografie di antifascisti campani. Uno dei volumi è dedicato  all'anniversario del 25 aprile, un secondo alle Quattro Giornate di Napoli. Il terzo libro in ricordo della Liberazione è appena uscito, curato come gli altri dai professori Guido D'Agostino e Silvio de Majo. Le biografie sono scritte da vari collaboratori dell'istituto. Tra le biografie figurano quella del matematico Renato Caccioppoli (ad opera di Paolo De Marco) e quella della famiglia Grossi, due coniugi e tre figli impegnati nella Guerra Civile spagnola, la cui vita è stata ricostruita da Giuseppe Aragno.

281 CONDIVISIONI
4199 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views