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Covid 19

Campania zona arancione, chiudono bar e ristoranti. I gestori: “Che mazzata terribile”

Ristoranti aperti solo per asporto e consegne a domicilio a partire da domenica 21 febbraio col passaggio in zona arancione Covid, mentre non si potrà più pranzare ai tavoli. E parte la protesta dei ristoratori: “Tornare in zona arancione – afferma Massimo Di Porzio, presidente del ristoratori di Confcommercio a Napoli – è una mazzata terribile. Stavamo lavorando un po’ a pranzo per pagare i debiti, restare a galla, una nuova chiusura è difficilissima da reggere”.
A cura di Pierluigi Frattasi
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Ristoranti aperti solo per asporto (dalle 5 alle 22) e consegne a domicilio a partire da domenica 21 febbraio. È questa una delle conseguenze della zona arancione Covid che in Campania scatterà tra 48 ore, come ha deciso il Ministero della Salute sulla base del monitoraggio della pandemia. E parte la protesta dei ristoratori: “Tornare in zona arancione – afferma Massimo Di Porzio, presidente del ristoratori di Confcommercio a Napoli e titolare della pizzeria Umberto a Chiaia – è una mazzata terribile. Stavamo lavorando un po' a pranzo per pagare i debiti, restare a galla, una nuova chiusura è difficilissima da reggere per tutti i ristoratori ormai”. Di Porzio chiede sgravi sulla Tari, la tassa sui rifiuti, per i ristoranti.

La Campania, infatti, da domenica 21 febbraio torna zona arancione. I ristoranti potranno fare solo asporto e delivery, cioè consegne a domicilio. Negli scorsi giorni hanno fatto discutere le immagini dei Lungomare di Napoli e Salerno affollati, con migliaia di persone, tantissimi giovani, molti senza mascherina, assembrati e in attesa di entrare nei ristoranti. Immagini censurate anche dal governatore Vincenzo De Luca, oggi, nella sua diretta web, che le ha definite “da brividi”. A preoccupare la Regione l’effetto combinato da un lato della ripresa dell’aumento dei contagi, con i posti letto negli ospedali pieni, dall’altro i ritardi nelle forniture dei vaccini anti-Covid, mentre la diffusione del virus potrebbe favorire la diffusione di varianti resistenti anche al vaccino.

Sorbillo: “La gente si vede lo stesso a casa la sera”

I ristoratori, però, sono sul piede di guerra, perché la possibilità di avere clienti ai tavoli almeno a pranzo aveva dato a molti una boccata d’ossigeno. “Per noi chiudere di nuovo sarà la mazzata finale – incalza il pizzaiolo Gino Sorbillo – Più passa il tempo e più le persone si ritrovano anche in maniera segreta. Dovunque in Italia ci sono serate in casa, 10-15 persone che mangiano la pizza, che bevono l'aperitivo quando finiscono di lavorare. La popolazione non ce la fa più ma non si può pensare che se faccio una serata a casa con gli amici il virus non entra. Noi ristoratori non possiamo farci niente, molti hanno già chiuso e tantissimi chiuderanno per sempre se si blocca di nuovo il pranzo che ci avevano lasciato".

“So che la politica può farcela fino a un certo punto, e se le persone abbassano l'attenzione i casi aumentano. E lo hanno fatto. Natale, anche San Valentino, tutti hanno abbassato la guardia. A marzo 2020 mi sono esposto dando una prospettiva grave per ristorazione e bar, ho fatto appelli pubblici. All'epoca ironizzavano sulle mie iniziative, mi dicevano che ero pazzo, che ingigantivo le cose, che la faceva tragica e invece i fatti mi hanno dato pienamente ragione”.

“Il pranzo al ristorante era una boccata d'ossigeno – dice Sorbillo – ora torniamo a un anno fa, e riprendiamo da zero la lotta alle varianti. Io penso che i ristoranti mantengono le distanze, non si può chiudere di nuovo. Già molti ristoratori hanno chiuso definitivamente per i fitti che si sono accumulati, sono stati sfrattati, le utenze vanno avanti. Ma poi questa chiusura improvvisa non ha senso, noi lavoriamo con merce deperibile, pomodoro, mozzarella, pasta che se lievita e non viene usata ‘scoppia'. Ci serve una previsione. E invece no, chiusura di nuovo mentre supermercati, negozi, gallerie commerciali restano aperte. C'è un accanimento contro la ristorazione”.

Schiavo: "Meglio chiudere tutti"

Per il presidente di Confesercenti Campania Vincenzo Schiavo, "gli imprenditori campani sono allarmati e disorientati. Non si risolve così il problema dei contagi: dal nostro punto di vista o si conferma la zona gialla o meglio passare direttamente a quella “rossa”, con la chiusura delle attività e ovviamente con il sostegno dei ristori. La verità è che il problema degli assembramenti non lo risolviamo senza controlli più rigidi. In ogni caso è inaccettabile che queste decisioni vengano prese sempre all’ultimo momento. Non è possibile che il cambiamento dello “status” lo si stabilisca il venerdì per la domenica o per il lunedì. I ristoratori acquistano i prodotti almeno due giorni prima , non è possibile pensare che l’approvvigionamento dei prodotti per la domenica venga fatta il sabato, altrimenti la qualità sarebbe scadente. Sarebbe un danno ulteriore per i nostri esercenti". Con la domenica zona “arancione”, sottolinea Schiavo, "il danno è enorme: in media di 10mila euro per ogni locale da 100 coperti, in generale per i ristoratori di tutta la Campania, in questo senso, ci sarebbe una perdita di circa 25 milioni di euro". "Ci auguriamo che il governo Draghi in futuro sia più tempestivo e deciso nelle scelte, le decisioni last minute provocano ulteriori danni economici alle attività. Ribadiamo che i ristoratori non sono gli “untori” del Covid-19, il problema è la mancanza di senso civico delle persone, il rifiuto delle regole e la mancanza di rispetto per la salute da parte di diverse cittadini. Dunque passare da zona “gialla” ad “arancione” dal nostro punto di vista non risolve il problema della crescita dei contagi ed allunga invece l’agonia delle attività commerciali. Se non ci sono controlli adeguati, inoltre, diventa difficile evitare gli assembramenti".

Di Porzio: "Stop Tari per i ristoranti"

Concorda Massimo Di Porzio: “Non capisco questo accanimento nei confronti dei ristoranti e dei bar – dice – tutti gli altri negozi restano aperti, tutti possono ammucchiarsi nei grandi store di abbigliamento, nei supermercati. E noi? Ci chiudono; lo trovo insostenibile, bisogna rivedere le regole, lasciare possibilità a chi ha spazio di rimanere aperto per guadagnare quello che ci serve a pagare qualcosa, se chiudiamo di nuovo diventa veramente dura, è una tragedia per un settore già in ginocchio". "La chiusura – dice Di Porzio – serve per combattere la movida, ma mentre nei ristoranti ci sono spazi e protocolli applicati, altrove non è così, le persone si vedono dovunque. È chiaro che se ho dieci metri quadrati devo chiudere, ma se ne ho 500 posso distribuire i clienti e lavorare. Oppure facciano il lockdown, chiudano tutto per un mese, facciano le vaccinazioni e poi si riparte, ma basta questa incertezza che cambia da un giorno all'altro. Ci è arrivata la Tari dal Comune da pagare entro il 16 marzo in un'unica rata. È la stessa cifra del 2019, con un piccolo sconto del 5-10%, che significa? Come si fa a pagare? Per i ristoranti la Tari è una cifra altissima e non abbiamo prodotto gli stessi rifiuti, perché siamo stati chiusi 5 mesi nel 2020 e altri tre mesi abbiamo fatto solo delivery, è assurdo”.

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