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26 febbraio 1266, battaglia di Benevento: Carlo d’Angiò diventa nuovo Re di Napoli

La battaglia di Benevento del 26 febbraio 1266 vede i guelfi di Carlo d’Angiò sconfiggere le truppe ghibelline di Re Manfredi, che resta ucciso in battaglia. Il francese, cugino del Re di Francia, diventa nuovo Re di Napoli e Sicilia con la benedizione del Papa. Inizia il periodo angioino di Napoli, che durerà fino al 1442.
A cura di Giuseppe Cozzolino
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La battaglia di Benevento, miniatura della Nuova Cronica di Giovanni Villani.
La battaglia di Benevento, miniatura della Nuova Cronica di Giovanni Villani.

Il 26 febbraio 1266 va in scena alle porte di Benevento l'omonima battaglia che cambiò le sorti del Regno di Sicilia, all'epoca comprendente oltre all'isola stessa anche tutto il Meridione. Il Re Manfredi, legittimo sovrano appartenente al casato tedesco degli Hohenstaufen, venne infatti sconfitto da Carlo I d'Angiò, chiamato dal Papa per "scacciare" la famiglia tedesca, che voleva riconquistare l'intera Italia e riportarla sotto la corona del Sacro Romano Impero: era una delle tante battaglie tra i Guelfi (sostenitori del Papa) ed i Ghibellini (sostenitori dell'Imperatore).

La battaglia di Benevento

Carlo d'Angiò, fratello del Re di Francia Luigi IX, era arrivato in Italia pochi mesi prima con la promessa del Papa di riconoscerlo come legittimo sovrano del Regno di Sicilia. Sconfitti i primi eserciti imperiali in Piemonte ed in Romagna, era arrivato nel meridione, dove il Re Manfredi si preparava alla battaglia. Dopo un inizio favorevole, le truppe imperiali furono sbaragliate alle porte di Benevento: i francesi, infatti, sfruttarono in maniera considerata "poco cavalleresca" per l'epoca, le uniche due debolezze degli imperiali. La prima, quella delle cotte di maglie dei cavalieri imperiali, che lasciavano loro scoperte le ascelle nel momento in cui sollevano le braccia per colpire gli avversari; la seconda, i cavalli sui quali le truppe imperiali si spostavano e combattevano. E così, colpendo "vigliaccamente" (secondo i canoni dell'epoca) i cavalli prima e sotto le ascelle poi i guerrieri, in poco tempo le sorti della battaglia si capovolsero in favore dei francesi.

La morte di Manfredi

L'esercito imperiale venne così sbaragliato. Lo stesso Re Manfredi, armi in pugno, si gettò nella mischia trovando una fine eroica. Ma la vittoria francese fu totale. La sconfitta segnò un punto cruciale per la politica imperiale e ghibellina in Italia: il potere temporale della Chiesa ne uscì infatti fortemente rafforzato. La distruzione dell'esercito di Manfredi fece sì che il resto del Regno di Sicilia cadesse in poco tempo: la dinastia angioina sarebbe durata poi fino al 1442. L'ultimo tentativo imperiale di mantenere il controllo arrivò con Corradino di Svevia, ultimo rappresentante del potere imperiale in Italia, che due anni dopo ridiscese dalla Baviera ma venne sconfitto nella battaglia di Tagliacozzo (23 agosto 1268) e giustiziato a Napoli tre mesi dopo (29 ottobre 1268). Fu così che il "partito" dei ghibellini venne definitivamente sconfitto in tutta Italia, con i suoi componenti uccisi e cacciati dalle ultime roccaforti. La morte di Manfredi di Sicilia verrà poi ricordata anche da Dante, convinto che solo l'Impero, o meglio il partito ghibellino, fosse l'unica soluzione alla frammentazione e alla debolezza della penisola italiana. E che difatti da allora restò divisa per altri seicento anni.

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Giuseppe Cozzolino, giornalista, classe 1984. Laureato in Lingue Straniere, lavoro con Fanpage.it dal 2012, attualmente in forza alla redazione di cronaca di Napoli. Videogamer e appassionato di musica, di cani e di storia, soprattutto antica.
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