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Nanoparticelle non dichiarate negli alimenti, la denuncia di un’associazione di consumatori

Un’associazione francese ha denunciato nove produttori dopo aver analizzato alcuni alimenti contenenti nanoparticelle che però non sono state dichiarate in etichetta come prevede la legge.
A cura di A. P.
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Alcuni dei prodotti analizzati
Alcuni dei prodotti analizzati

Le nanoparticelle da anni ormai sono sempre più diffuse nel settore della produzione industriale e alimentare e anche se non ci sono ancora studi definitivi sulle loro conseguenze, da tempo molte leggi si sono adeguate, imponendo ai produttori di darne segnalazione ai consumatori in etichetta ma purtroppo ancora oggi pochi lo fanno. A ribadirlo, come spiega il fattoalimentare.it,  è una inchiesta realizzata dall’associazione dei consumatori francese Que Choisir che, dopo aver analizzato vari alimenti, ha denunciato nove produttori per aver nascosto ai consumatori la presenza di nanoparticelle nei loro prodotti.

Nel dettaglio, l’associazione ha analizzato sette prodotti alimentari e nove cosmetici, constatando la presenza di nanoparticelle di biossido di titanio e di silicio, ossido di ferro e di zinco, e di nerofumo. In tutti i prodotti è stata rilevata la presenza di nanoparticelle ma solo in tre prodotti su sedici queste erano segnalate in etichetta. In particolare Que Choisir ha denunciato le aziende Mars, Casino, McCormick e JDE dopo aver constatato che il biossido di silicio è costituito al 100% di nanoparticelle nella zuppa liofilizzata di Casino, nel preparato per il cappuccino istantaneo di JDE e nelle erbe aromatiche di McCormick, mentre il 35% del biossido di titanio è costituito da nanoparticelle nelle M&M’s di Mars.

Una analoga inchiesta della Direzione generale per la repressione delle frodi del ministero dell’Economia francese ha constatato che in effetti su un campione di 40 cosmetici e 74 prodotti alimentari analizzati ben l’87% contennevano nanoparticelle ma solo un prodotto ne indicava la presenza. L'allarme e l'attenzione nel Paese transalpino su questo tipo di particelle è molto alto da quando uno studio condotto su animali dall’Istituto nazionale francese per la ricerca ha rivelato che l’esposizione cronica al biossido di titanio, tramite la sua ingestione, “provoca stadi precoci di cancerogenesi” sugli animali  testati. Lo studio aveva riscontrato lesioni precancerose al colon nel 40% degli animali coinvolti anche se l’Inra aveva sottolineato che i risultati dello studio non sono direttamente applicabili all’uomo.

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