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Morte dell’agente Giuseppe Crispo, la mamma: “Non credo al suicidio, riaprite le indagini”

“Sono 26 anni che cammino con la bara di mio figlio sulle spalle”, così mamma Lucia Galluzzo a Chi l’ha visto. La madre dell’agente di polizia Giuseppe Crispo, trovato ucciso da un colpo di pistola nella caserma Ilardi di Genova ha chiesto la riapertura delle indagini sulla morte di ‘Pino’. Per l’inchiesta ufficiale il 19enne si suicidio per un litigio con la fidanzata.
A cura di Angela Marino
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"Sono 26 anni che cammino con la bara di mio figlio sulle spalle. Non so usare metafora diversa per dire che non ho mai creduto che mio figlio si fosse ucciso e voglio dargli giustizia". Così mamma Lucia Galluzzo, la madre di Giuseppe Crispo, il giovane poliziotto morto per un colpo di pistola, a 19 anni, nella caserma ‘Ilardi' di Genova, nel 1993. "Il pm ha archiviato l'indagine con tantissimi dubbi e punti oscuri, come mai non è stata aperta un'indagine interna? – ha detto ieri mamma Lucia a Chi l'ha visto? dove il caso è stato commentato con Federica Sciarelli.

I fatti risalgono a ben 26 anni fa, quando Giuseppe era trasferito in caserma da poco meno di 40 giorni. Era dicembre, aveva comprato i regali di Natale per la fidanzata e i suoi cari, aveva riscosso lo stipendio e la tredicesima, era sereno. La sera della sua morte, ‘Pino', come lo chiamavano affettuosamente i suoi, parla a telefono con Anna. È il telefono della caserma, perché i cellulari ancora non esistono. I due ragazzi chiacchierano tranquillamente, secondo quanto raccontato oggi da Anna, e si salutano dicendosi ‘ti amo'. Poco più tardi Anna richiama, ma a telefono non risponde Giuseppe, ma un collega: "Non è sceso, ha mal di pancia" le dicono al telefono. Poco più tardi i familiari vengono avvertiti del tragico suicidio di Giuseppe, avvenuto nella sua stanza, quella sera, mentre i colleghi lo credevano in camera ad ascoltare la radio, con un colpo di pistola dritto in fronte.

Il suicidio, imprevisto e imprevedibile, viene attribuito da chi ne dà notizia a un litigio con la fidanzata. "È colpa tua, mi disse un dirigente di polizia, lo ha fatto per colpa tua" – racconta oggi, Anna, tra le lacrime – "Questa frase me la sono portata dietro tutta la vita". È non è l'unico fantasma che Anna si porterà dietro. Come i genitori di Pino e i suoi amici, neanche lei riesce a credere alla tesi del suicidio. Non solo, secondo quanto lei stessa riferisce, non avevano litigato, ma, come confermano i genitori, Giuseppe era di umore sereno e in lui non c'era alcuna traccia dello stato d'animo di ‘fragilità e depressione‘ a cui viene addebitato il presunto suicidio. Altre stranezze riguardano la scena dei fatti – compreso il portafogli vuoto, senza stipendio e senza tredicesima, rinvenuto accanto al corpo – e la stessa arma con cui venne stato esploso il colpo mortale.

All'esame condotto dalla Scientifica, la pistola, infatti, risulta trattata con un acido altamente corrosivo, che ha ossidato ogni traccia organica. Chi è stato? Non certo la polizia Scientifica, che non ha adoperato, come spesso accade (il cianoacrilato, ndr), la sostanza utilizzata per rilevare le impronte. Inoltre, anche l'ora in cui è stato scoperto il corpo di Pino è poco chiara, tanto che lo stesso parla del "sospetto che il rinvenimento del cadavere possa essere avvenuto in un orario diverso da quello dichiarato". L'indagine della magistratura, nonostante tutti i dubbi, viene archiviata, mentre nessuna indagine interna viene disposta tra le mura della Ilardi. Dopo 26 anni nessuna delle persone che amavano Pino si è rassegnata ad accettare una versione dei fatti così densa di ombre. "Voglio la verità, ha detto mamma Lucia: "sono 25 anni che cammino con la bara di mio figlio sulle spalle".

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