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Molestie sessuali, il procuratore di New York Schneiderman si dimette: accusò Weinstein

Eric Schneiderman aderì al movimento femministra #MeToo e fece causa alla società del produttore cinematografico, da cui è partito tutto lo scandalo sulle molestie negli USA. Ma ora è a lui che vengono contestate le stesse accuse di abusi. Lui nega: “Sono stati giochi di ruolo consenzienti”
A cura di Biagio Chiariello
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Quello che arriva da New York è un fulmine a ciel sereno. Il procuratore generale di New York, che aderì alla causa del #MeToo (il movimento contro le molestie e le violenze contro le donne), e fece causa ad Harvey Weinstein, è finito a passare da accusatore ad accusato. Quattro donne affermano infatti che Eric T. Schneiderman ha abusato fisicamente di loro e, secondo The New Yorker, il magistrato ha già rassegnato le dimissioni, provvedimento che diventerà ufficiale nel corso della giornata di oggi, 8 maggio. i. "Serie accuse, che io respingo con forza, sono state rivolte contro di me – ha affermato Schneiderman in un nota – sebbene non siano collegate alla mia condotta professionale…mi impedirebbero di guidare il lavoro dell'ufficio in questo momento critico". Il procuratore assicura che non sarebbero mai state pronunciate minacce, ammette di aver partecipato a "giochi di ruolo e altre attività sessuali consenzienti", ma nega le aggressioni.

Le accuse contro Schneiderman

Oppositore convinto del presidente americano Donald Trump, il 63enne democratico e alleato del governatore dello Stato Andrew Cuomo, aveva preso parte al movimento #MeToo facendo causa per violazione dei diritti civili, discriminazione e abusi sessuali alla Weinstein Company, la compagnia di produzioni cinematografiche a cui faceva capo l'ex re dei produttori di Hollywood da cui è cominciato lo scandalo sulle molestie. Ora però è lui che deve rispondere di queste accuse. In particolare il New Yorker, riporta le parole di Michelle Manning Barish e Tanya Selvaratnam che affermano come Schneiderman le abbia “picchiate ripetutamente”, spesso “dopo aver bevuto”, e “senza il loro consenso”. La Selvaratnam sostiene inoltre che il procuratore l’avrebbe minacciata di morte se avesse rotto con lui.

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