Mirafiori: dopo il referendum, la cassa integrazione
Ha vinto il sì nel referendum sul contratto di Mirafiori: il 54% dei dipendenti ha accettato le nuove condizioni imposte dalla Fiat di Sergio Marchionne. Ma all'esame del voto, gli operai hanno scddelto in massa per il no e soltanto i 300 dirigenti hanno permesso al fronte del sì di raggiungere il proprio obiettivo.
Comincia così il nuovo anno lavorativo a Mirafiori, dove non ci saranno investimenti e progetti innovativi per i dipendenti. Infatti, comincia un anno di cassa integrazione per 5 mila persone. Lo stabilimento torinese si fermerà totalmente il 14 febbraio (un bel regalo di San Valentino) e per un anno intero non sarà prodotto nulla.
Sergio Marchionne non si cura delle proteste e parla di una “svolta storica”. Secondo l'amministratore delegato Fiat, i lavoratori hanno scelto di “prendere il mano” il proprio destino, assumendosi la responsabilità di creare qualcosa di nuovo: “In un paese come l'Italia che é sempre stato legato al passato e restio al cambiamento, la scelta di chi ha votato sì è stata lungimirante. Rappresenta la voglia di fare che si oppone alla rassegnazione del declino. Rappresenta il coraggio di compiere un passo avanti contro l'immobilismo di chi parla soltanto o aspetta che le cose succedano”.
La Fiom non si arrende, forte del “no” votato dalla maggior parte degli operai. Il segretario nazionale, Maurizio Landini, parla di un “risultato straordinario” per il detrattori del nuovo contratto di Mirafiori. Con le nuove regole, Fiom è estromessa dalla rappresentanza sindacale nello stabilimento torinese. Tuttavia, uno degli obiettivi che si impone Landini, assieme a Susanna Camusso, è quello di riportare il sindacato all'interno delle dinamiche e delle contrattazioni di Mirafiori.
