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Marco, militare italiano suicida a Kabul: aveva scoperto una colossale truffa

Marco Callegaro venne trovato morto a Kabul. Il caso venne archiviato come un suicidio, ma una nuova inchiesta della Procura militare rivela una presunta truffa di sei ufficiali dell’Esercito: truffa che Callegaro avrebbe tentato di denunciare…
A cura di Davide Falcioni
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Sei ufficiali dell'Esercito Italiano sono stati iscritti nel registro degli indagati per truffa militare aggravata in seguito al suicidio di un loro collega a Kabul, in Afghanistan. Ai graduati secondo quanto appreso dall'ANSA, è stato notificato un avviso di conclusione indagini. La vicenda riguarda il noleggio di alcuni mezzi la cui blindatura è risultata più leggera (e meno cara) di quella pattuita: circostanza che avrebbe anche potuto mettere a serio rischio, sostengono gli inquirenti, il personale cui erano destinati.

Marco Callegaro, 37enne originario della provincia di Rovigo ma residente a Bologna, vestiva i gradi di capitano quando la notte tra il 24 e il 25 luglio 2010 venne trovato morto nel suo ufficio all'aeroporto di Kabul ucciso da un colpo di pistola. Era rientrato in Afghanistan da pochi giorni dopo una licenza in Italia: la vicenda venne archiviata come un suicidio ma i genitori dell'uomo hanno ripetutamente sollevato dubbi sulla drammatica fine del figlio.

L'esercito acquistava blindati da una ditta afgana gestita da un terrorista

Le indagini aperte dal procuratore militare di Roma Marco De Paolis e dal sostituto Antonella Masala hanno effettivamente portato alla luce un presunto giro truffaldino messo in atto da alcuni ufficiali che, con i loro comportamenti, non avrebbero esitato ad esporre a rischio i loro colleghi. I sei ufficiali – in particolare – avrebbero taciuto il dato della difformità del livello di blindatura di tre veicoli commerciali destinati al generale Italian Senior Officer, ovvero l'ufficiale italiano più alto in grado in Afghanistan, rispetto ai parametri concordati nel contratto di noleggio con una ditta afgana. L'intera pratica incriminata – corredata da un certificato di blindatura contraffatto – venne curata dagli uffici amministrativi di Kabul dove Callegaro lavorava. Secondo gli inquirenti dall'inchiesta sulla presunta truffa militare commessa in Afghanistan emerge un quadro "sconcertante", di "reiterata contrattazione con una ditta afgana" che sarebbe state illecitamente favorita. La società in questione apparteneva a un individuo risultato, si apprende da fonti investigative, vicino ad ambienti terroristici internazionali. La condotta contestata ai sei ufficiali indagati si articolava in una serie di omissioni dolose: una fra tante, aver designato a membri delle Commissioni di collaudo dei veicoli blindati di soggetti del tutto privi di qualsiasi cognizione di carattere tecnico, o in materia di blindatura, e ai quali venivano peraltro negati anche i basilari strumenti di lavoro e riscontro (capitolati tecnici, documenti dei veicoli, eccetera).

Il padre di Marco Callegaro: "Mio figlio non poteva accettare la truffa"

Quale era il ruolo di Callegaro in questa vicenda? In realtà l'ufficiale era capo della cellula amministrativa che aveva contestato il noleggio di questi mezzi: "Lui con il carattere che aveva non voleva sorvolare su queste cose, a differenza di come gli avevo consigliato io – spiega il padre -. Gli dicevo ‘Se gli altri capo cellula fanno i pagamenti fallo anche tu, che poi torni a casa'. Lui rispondeva di no e ripeteva che voleva far risparmiare soldi all'Italia". Callegaro ha sempre espresso la propria incredulità rispetto al fatto che il figlio si sia realmente tolto la vita con un fucile. "Ho sempre avuto il dubbio – ripete – che il suicidio fosse una messa in scena da parte di qualcuno che aveva qualcosa da nascondere". A confortare questa tesi vi sarebbe anche una lettera che il capitano, secondo quanto riferito dal genitore, aveva inviato alla Procura di Roma, dicendosi disposto a tornare in Italia per farsi ascoltare dai magistrati. "Una lettera – conclude il padre – a cui nessuno ha mai risposto".

La notizia dell'iscrizione sul registro degli indagati di sei ufficiali è stata salutata positivamente dagli amici di Marco Callegaro, che sulla pagina facebook dedicata al capitano hanno chiesto che venga fatta piena luce: "Uno come lui al suicidio non avrebbe mai pensato", uno dei commenti alla notizia condivisa. "Io non ci ho mai creduto; Marco amava troppo la vita e la sua famiglia. La via della verità può essere lunga e tortuosa ma alla fine la giustizia trionferà", un altro.

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