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Un tesoro nascosto in giardino, come ha fatto la coppia ad accumulare milioni di euro

Un business criminale da 93 milioni di euro e che ha potuto contare sul contributo di 27 persone. Ma la coppia di Gussago (Brescia) che nascondeva il suo tesoro in giardino come ha fatto ad arricchirsi nel tempo?
A cura di Giorgia Venturini
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Giuliano Rossini e Silvia Fornari
Giuliano Rossini e Silvia Fornari

Un giro di affari illegali che andava avanti da tempo e che coinvolgeva più membri della famiglia Rossini-Fornari. Un business criminale da 93 milioni di euro e che ha potuto contare sul contributo di 27 persone. A coordinare tutto una coppia di Gussago, in provincia di Brescia. Marito e moglie insospettabili: giravano per il paese con una utilitaria, ma in casa nascondevano (almeno) 15 milioni di euro. Tutto questo ora è stato svelato dalle indagini del Comando Provinciale della Guardia di Finanza e dei Carabinieri di Brescia. Ma la coppia come ha fatto in pochi anni ad accumulare milioni e milioni di euro?

Perché le società "cantiere" hanno fatto arricchire la coppia

La coppia sulla carta era a capo di una società che operava nel mercato dei metalli ferrosi. Ad arricchire Giuliano Rossini e Silvia Fornari era la loro associazione a delinquere che agiva in tutta la provincia di Brescia. Alla base false fatture ed evasione fiscale. Nel dettaglio ecco come gli atti della Procura spiegano i loro affari: "Mediante continuative emissioni di fatture per operazioni inesistenti da parte di società di comodo a copertura di acquisti in nero di materiale ferroso e non ferroso e restituzione di denaro contante di quanto corrisposto dai destinatari delle fatture, al fine di evasione fiscale e di riciclaggio e autoriciclaggio dei profitti conseguiti con la frode verso l'erario".

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In altre parole, agli ordini della coppia c'era un esercito di associati che hanno dato vita o comunque gestito diverse ditte e società "cantiere" utilizzate per l'emissione delle fatture per operazioni inesistenti a copertura degli acquisti di materiale ferroso e non ferroso in nero. Altre società, alcune delle quali romene e ungheresi, invece servivano per ricevere e trasferire i pagamenti delle fatture per operazioni inesistenti e i profitti conseguiti attraverso il servizio di falsa fatturazione.

Un traffico illecito che ha permesso di accumulare milioni e milioni di euro. Perché in questo modo le ditte e le società hanno permesso alla coppia di emettere fatture per operazioni inesistenti. Le fatture venivano "annotate dalle società come costi nelle dichiarazioni fiscali, conseguendo un risparmio di imposta (IRES) e acquistando il materiale ferroso e non ferroso a prezzi inferiori rispetto a quelli di mercato".

Come marito e moglie gestivano gli affari illegali

Giuliano Rossini e Silvia Fornari erano i capi, i promotori e gli organizzatori dell'associazione criminale. Gli inquirenti hanno sottolineato la "loro pericolosità sociale di grado elevato". Questo per il loro modo di agire ben organizzato: erano in grado di reperire fornitori in nero, così come clienti a cui rivendere il materiale ferroso e non ferroso. Negli anni hanno sempre dimostrato la loro professionalità nel gestire l'organizzazione e le società "cantiere" necessarie per l'associazione. Infine impartivano direttive necessarie agli altri componenti del gruppo.

"Marito e moglie sono soggetti che operano da diverso tempo nel settore delle evasioni fiscali nel settore del commercio dei metalli ferrosi, secondo un principio modus operandi che i due indagati riproponevano a distanza di anni a clienti storici". Per questo, e per il rischio di reiterazione del reato, per loro il giudice per l'indagine preliminari ha deciso per la misura cautelare in carcere.

Figlio e zia tra gli associati

Tra gli associati, ora agli arresti domiciliari, c'era anche il figlio Emanuele Rossini, 22 anni, si occupava della creazione delle fatture per operazioni inesistenti e di falsi documenti di trasporto della società cantiere e di consegnare il denaro contante ai clienti, a restituzione dei pagamenti delle false fatture. La zia del 22enne Marta Fonari, invece, si occupava principalmente delle consegne di denaro contante ai clienti. E ancora: si preoccupava anche di restituire i pagamenti delle false fatture. Denaro che in alcuni casi ritirava personalmente.

Tutti gli indagati fornivano il loro contributi nella gestione diretta delle cantiere sotto le direttive della coppia e tutti "hanno dimostrato di trarre il proprio sostentamento principale dall'attività criminosa svolta". Ora rischiano una condanna non inferiore i tre anni.

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