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“Mi scambiano per straniero e mi guardano male”, la storia di Davì in provincia di Milano

Davì Filippini ha 27 anni, ha origini brasiliane, ma è stato cresciuto in Italia da una famiglia milanese che l’ha adottato quando era molto piccolo. Su di lui le discriminazioni sono iniziate tardi, a seguito di un dimagrimento che ha messo in risalto i suoi tratti sudamericani.
A cura di Chiara Daffini
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Davì Filippini
Davì Filippini

Davì è una cartina geografica di Milano vivente. Conosce tutti i nomi delle vie e dà indicazioni più precise di un navigatore. Naturalmente con uno stretto accento milanese. Eppure, vedendolo, non sembra nato qui. “Sono un ragazzo come tanti – dice a Fanpage.it -. Vengo dal Brasile, ma quando avevo sette anni mi ha adottato una famiglia italiana, la mia famiglia, con cui sono cresciuto”.

“Prima nessuno mi discriminava”

“Non ho mai avuto problemi di integrazione – continua il ragazzo -, ricordo che quando iniziai ad andare a scuola, erano i primi anni 2000, c’erano ancora pochi bambini non italiani, ma nessuno mi ha mai fatto sentire diverso, forse perché parlavo già molto bene la lingua e ‘sembravo italiano’”. L’aspetto, appunto. “Fino a un anno fa avevo le sembianze di un ragazzo mediterraneo – ci racconta Davì -, poi sono andato a vivere da solo, ho iniziato un lavoro molto frenetico e ho perso peso. In seguito a questo dimagrimento si sono accentuati i miei tratti sudamericani”. E sono iniziati i problemi.

Il razzismo nelle piccole cose

“Lo vedo dalle piccole cose: mi siedo sull’autobus e di punto in bianco chi occupa il posto accanto si alza e se ne va. Oppure al supermercato, soprattutto gli anziani, mi guardano male. Una volta una donna sulla quarantina mi è passata accanto e ha detto con disprezzo ‘Mamma mia, io quello lì vicino non lo voglio’. Non ho reagito, ma ci sono rimasto male. La gente crede che io sia un extra comunitario, un arabo, un turco, a volte anche un marocchino. Ed è diffidente, almeno finché non apro bocca e mi sente parlare in milanese”.

“E se fossi davvero un extra comunitario?”

“Non sono tutti così, ovviamente – precisa Davì a Fanpage.it -, ma quelle volte che accade è davvero brutto. Non solo per come mi trattano, ma anche e soprattutto pensando a chi viene trattato così perché è davvero arabo, turco o marocchino. Non pensavo che nel 2022 fossimo ancora a questo punto, anche se, devo dire, la situazione è peggiore in provincia, dove abito adesso: da circa un anno mi sono trasferito a Corsico”.

“Non stupitevi se parlo italiano”

Proprio l’aver sperimentato così nettamente la differenza tra l’essere e non essere accettati ha messo in difficoltà Davì, che si è rivolto a Fanpage.it per lanciare un messaggio: “Penso soprattutto agli italiani di seconda generazione e in generale a tutti coloro che hanno origini straniere ma vivono qui: non è necessario essere bianchi per essere italiani, non stupitevi se ci sentite parlare la vostra lingua”.

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