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L’uomo accusato d’aver ucciso il figlio di 2 anni a pugni: “Lo picchiavo perché aveva il malocchio”

“Mi svegliavo la notte fumato, lo svegliavo e lo massacravo di calci e pugni: pensavo avesse il malocchio”. Queste le agghiaccianti dichiarazioni di Alija Hrustic, l’uomo accusato di aver picchiato a morte il figlio di due anni, lette dal pm Cavalleri in aula. Il pm ha chiesto la condanna all’ergastolo: la sentenza il 25 maggio prossimo.
A cura di Filippo M. Capra
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Emergono nuovi, agghiaccianti, dettagli circa l'omicidio del bimbo di due anni in zona San Siro a Milano da parte di Alija Hrustic, il 26enne imputato per cui il pubblico ministero ha chiesto una condanna all'ergastolo con i primi nove mesi di isolamento diurno. Sconvolgenti le parole lette dal pm Giovanna Cavalleri relative alle dichiarazioni rilasciate dallo stesso imputato. Dagli atti, si legge: "Quando fumavo hashish me la prendevo con lui, perché mi ero convinto – me lo aveva detto mia madre – che mio figlio, il più piccolo, avesse il malocchio. Così, non so perché… ma mi facevo un casino di paranoie su di lui, mi svegliavo la notte fumato, lo svegliavo e lo massacravo di calci e pugni".

Spazio anche al ruolo della madre, assoggettata al marito e dalla sua famiglia, totalmente dipendente da una persona che stava facendo esclusivamente del male al figlio, ucciso proprio davanti agli occhi di lei. Secondo quanto ricostruito dal pm Cavalleri, la donna "prima del delitto, era totalmente dipendente da lui, non aveva un documento di identità, né di residenza o cittadinanza, non aveva nemmeno il medico di base, tanto che quando i figli stavano male, anche solo per una banale febbre, lei lo doveva portare al pronto soccorso". Il magistrato ha appurato che un mesetto prima dell'omicidio del piccolo, la donna aveva visto l'imputato picchiare il bambino con una cintura sulla schiena. Per questo, aveva chiamato il numero unico di emergenza salvo attaccare dopo pochi squilli. Alla richiamata dei soccorsi, aveva detto che erano state le bimbe, forse per errore.

Ora la donna vive in un comunità insieme al figlio di cui era incinta al momento dell'omicidio del piccolo di due anni, mentre le altre due figlie sono anch'esse state affidate ad un'altra comunità, e il figlio più grande spedito in Croazia a vivere con i nonni. Come spiegato ancora dalla Cavalleri, "all’epoca del delitto la donna era totalmente isolata, e completamente assoggettata alla famiglia del marito che le diceva, anche dopo che era stato arrestato, di rispondere alle lettere che lui le mandava dal carcere". La suocera le avrebbe detto che "se si ammazza in cella, sarà colpa tua". Ma grazie alla nascita del nuovo genito, "questa donna è riuscita finalmente a uscire da quel contesto sociale degradato e culturalmente molto arretrato che la costringeva ad essere vittima lei stessa". La sentenza per Hrustic è attesa il prossimo 25 maggio.

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