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Licenziata per un post su Facebook e reintegrata dal Tribunale: “Ora ho paura di dire la mia opinione”

Elvira Zanchi, dipendente della Conad di Curno e delegata sindacale Fisascat, racconta a Fanpage.it come ha riavuto il suo posto di lavoro. Era stata licenziata nel 2020 per un commento su Facebook in cui criticava la direzione del supermercato.
A cura di Enrico Spaccini
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Elvira Zanchi
Elvira Zanchi

Tutto è iniziato con un commento su Facebook a un articolo pubblicato online. Un articolo in cui si tessevano le lodi di Conad e di come stesse diventando la più importante azienda nella grande distribuzione italiana. Avevano rilevato molti punti della francese Auchan, che nel frattempo aveva lasciato il Paese, salvando i posti di lavoro.

“Noi ribattevamo sostenendo che non tutti i punti vendita, nella realtà, sono isole felici”. Elvira Zanchi lavora al supermercato di Curno, in provincia di Bergamo. Come ha raccontato ai microfoni di Fanpage.it, a luglio 2020 per quel commento scritto in un gruppo privato di Facebook venne prima sospesa e poi licenziata.

"Un'espressione poco felice"

“Molti lavoratori, soprattutto al sud, erano in difficoltà. C’era anche chi è stato licenziato perché in esubero. Quindi si era creata questa discussione", spiega Zanchi che all'interno dell'azienda è anche delegata sindacale Fisascat, "poi anche per la pandemia, non stavamo vivendo bene. Abbiamo fatto un anno e mezzo di cassa integrazione, pur rimanendo sempre aperti".

Insomma, mentre a livello nazionale l'azienda si apprestava a confermarsi leader nella grande distribuzione, nella dimensione locale, quella più piccola e reale, non erano tutte rose e fiori. "Ho anche avuto un'espressione poco felice", ammette Zanchi, "dicendo con una metafora che avevano cambiato l’aspetto, da Auchan a Conad, ma non la sostanza”.

Il percorso giudiziario

Arrivò così il licenziamento. Per il reintegro dovette aspettare la prima sentenza, arrivata solo a marzo 2021. Dieci mesi dopo, infatti, il giudice del Tribunale di Bergamo stabilì che quei commenti altro non erano che critiche alla direzione. E il diritto di critica è sancito dall'art. 21 della Costituzione.

Decisione poi confermata nei primi giorni di novembre 2022, quando la Corte d'Appello di Brescia ha respinto il ricorso presentato dalla società e confermato il risarcimento delle dieci mensilità.

La paura di dire la propria opinione

Nonostante si sia conclusa con un lieto fine, la storia di Zanchi ha lasciato dei segni profondi: "Tutta la storia processuale è vista come un deterrente dalle mie colleghe, non se la sentono di fare il mio stesso percorso". In quei mesi non è mancato l'appoggio di chi lavora ogni giorno con lei in quel supermercato, ma nessuno se l'è sentita di esporsi.

"Io li capisco", ammette Zanchi, "è tutta gente che ha famiglia, mutui da pagare. Mi hanno chiesto di non esporsi e io non gli ho dato torto".

L'articolo 39 della Costituzione

Infatti, come ha sottolineato a Fanpage.it la legale giuslavorista Maria Teresa Pezzoni, che ha preso parte al processo come consulente del sindacato Cisl "l'efficacia del licenziamento si è manifestata nell’essere un deterrente per gli altri lavoratori". Costringere una dipendente a intraprendere una battaglia legale, "ha limitato fortemente la loro libertà a esporre le proprie critiche e giudizi sul datore di lavoro".

Avv. Maria Teresa Pezzoni, consulente Cisl nel caso Zanchi
Avv. Maria Teresa Pezzoni, consulente Cisl nel caso Zanchi

D'altro canto, però, "la reintegra della signora Zanchi ha riaffermato il diritto dei lavoratori di manifestare, nei limiti delineati dai giudici, il proprio pensiero”, ribadisce Pezzoni. E questa è stata una sentenza particolare: "Una delle prime che si pronunciano su dichiarazioni rese in un social da un lavoratore", ma anche perché "Zanchi è delegata sindacale, la sua libertà di manifestare il proprio pensiero è rafforzata dall’articolo 39 della Costituzione che sancisce la libertà sindacale e la tutela della libertà sindacale”.

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