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I ragazzi dell’antimafia costretti a condividere il cortile con un ex boss: la sentenza che fa discutere

Il Comune di Buccinasco è stato condannato a togliere quel piccolo cancello che divide il cortile della villetta di via Nearco in due parti: l’abitazione è parte confiscata all’ex boss di ‘ndrangheta, che vive però con la famiglia nell’altra metà della proprietà. Il giudice ha dato ragione alla moglie dell’ex boss.
A cura di Giorgia Venturini
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Mafia e antimafia dovranno condividere uno stesso cortile a Buccinasco, nel Milanese. Così è stato deciso dalla quarta sezione civile del Tribunale di Milano: al centro della sentenza del giudice c'è ancora la villetta di via Nearco, l'immobile confiscato per metà all'ex boss di ‘ndrangheta Rocco Papalia.

Questo vuol dire che nello spazio aperto al civico 6 il giudice ha previsto una vera e propria convivenza forzata. Parte della villetta infatti è abitata dall'ex boss, ritornato a casa dopo aver scontato una pena in carcere, e dalla sua famiglia e parte è del Comune di Buccinasco che ne è diventato proprietario dopo la confisca.

Un 50 e 50 surreale. Specialmente perché capita spesso che nello stesso momento in cui sono in corso incontri contro la mafia – organizzati dal Comune e dalle varie associazioni – si può vedere entrare e uscire il boss da casa.

Ora l'ultimo atto di questa vicenda è il cortile della villetta: il Tribunale ha condannato il Comune alla "rimozione delle inferriate saldate nell’edificio di via Nearco 6 che impediscono ad Adriana Feletti, moglie dell'ex boss e legittima comproprietaria di parte della villetta, l’accesso alle parti comuni".

A fare causa al Comune è infatti proprio la moglie di Rocco Papalia: la donna ha chiesto la rimozione del cancelletto di 50 centimetri posizionato dall'amministrazione che divide il cortile in due parti. E dal momento che il cortile della villetta è da considerarsi parte comune, la donna ha reclamato il suo diritto ad avere la "chiave". E ora il Tribunale civile le ha dato ragione.

Cosa prevede la sentenza del Tribunale

Nella sentenza emessa dal Tribunale Civile viene ritenuta illegittima "l'apposizione da parte del Comune di Buccinasco delle inferiate saldate alle pareti in più parti dell’edificio che impediscono alla legittima comproprietaria, l’accesso alle parti comuni". Per questo è da "condannare alla rimozione". E ancora: se il Comune non agirà immediatamente dovrà pagare anche una panale.

Una sentenza che il giudice civile giustifica in parte così: "Il condominio si concreta in una forma speciale del rapporto di comunione la cui caratteristica consiste nel legame inscindibile tra proprietà esclusive e proprietà comune".

Mai però questa sentenza tiene in considerazione il fatto che il "rapporto di comunione" è tra due realtà così diverse. A commentare a Fanpage.it la decisione del Tribunale è l'avvocata Ilaria Ramoni, esperta in diritto penale della criminalità organizzata e delle misure di prevenzione: "Le sentenze vanno sempre rispettate ma in questo caso nel bilanciamento tra diritto alla proprietà e ordine pubblico e interesse pubblico, a mio avviso dovrebbe prevalere il secondo".

Poi aggiunge: "Non so se il Comune ricorrerà in appello ma in ogni caso bisogna immaginare soluzioni alternative che ne permettano l'utilizzo. Il problema delle Confische pro quota, sempre più rare, permane e bisogna regolamentare l'utilizzo già in fase giudiziaria".

L'intervento del Comune di Buccinasco

Sulla sentenza non è d'accordo il Comune di Buccinasco che ha tenuto a precisare che il cortile affaccia esclusivamente sui locali assegnati all'amministrazione già nel 2014. Il sindaco di Buccinasco Rino Pruiti ha voluto aggiungere: "Provo una profonda amarezza – si legge in una sua dichiarazione pubblicata sul sito del Comune –. Non posso che confermare quanto ho detto fin da quando la signora Feletti, moglie di Rocco Papalia, ha deciso di fare causa al nostro Comune: proporrò al Consiglio comunale di rimettere nelle mani dello Stato il bene confiscato di via Nearco. Il nostro Comune non può convivere con esponenti della criminalità organizzata".

Poi il sindaco denuncia: "Più volte in questi anni ho invitato la magistratura, il Parlamento, la Commissione parlamentare antimafia e l’Agenzia dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata a intervenire prima che si arrivasse alla sentenza, ma non ho avuto risposte".

Eppure "non possiamo convivere con chi non ha mai chiesto scusa alla nostra comunità dopo 26 anni di carcere per reati di associazione a delinquere, droga, armi, sequestri, omicidio”.

Ma come è possibile dunque che in uno stesso cortile ci sono ragazzi impegnati in qualche attività antimafia mentre un ex boss con una condanna già alle spalle può leggere un libro seduto su una sdraio o stendere i panni?

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