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Gherardi cercò informazioni sull’omicidio di Bonomelli prima che si sapesse che era morto

Matteo Gherardi, il 33enne responsabile insieme ad altri tre della morte dell’imprenditore Angelo Bonomelli, il giorno successivo all’omicidio avrebbe cercato notizie circa la morte dell’ottantenne.
A cura di Ilaria Quattrone
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"Notizie oggi Bergamo e Provincia", "Bonomelli bergamo pompe funebri", "morti oggi trescore balneario": sono alcune ricerche che Matteo Gherardi, l'uomo di 33 anni arrestato per omicidio, avrebbe fatto il giorno dopo la morte di Angelo Bonomelli, l'ottantenne che è stato drogato e ucciso a Entratico (Bergamo) e per la cui morte è indagato Gherardi, suo padre, la sua fidanzata e un amico.

Le ricerche effettuate dal 33enne potrebbero significare che per lui – come riporta l'ordinanza di convalida dell'arresto firmata dal giudice per le indagini preliminari Maria Beatrice Parati – la morte dell'imprenditore fosse un evento "concreto e prevedibile" .

La dinamica

Il gruppo ha incontrato l'uomo nel pomeriggio di martedì 8 novembre 2022: l'appuntamento, fissato per discutere sul rilancio dell'immagine dell'hotel di Bonomelli sui social, era in un bar. I quattro avrebbero sciolto il rivotril in un tè alla pesca e, una volta che l'ottantenne ha perso i sensi, lo avrebbero caricato in auto e derubato.

A incastrarli sono state le immagini delle telecamere di video-sorveglianza che si trovano nell'area industriale. Durante l'interrogatorio, Gherardi ha raccontato che la sera stessa lui, il padre e la fidanzata erano tornati sulla scena del crimine: avevano trovato Bonomelli ancora privo di coscienza. Eppure dalla somministrazione erano trascorse almeno due ore.

La conversazione con la fidanzata

Il 33enne sarebbe tornato anche la mattina successiva e lo avrebbe trovato ancora lì, immobile. In quel momento avrebbe chiamato l'amico Omar Poretti, che avrebbe versato il farmaco nella bevanda. Nelle intercettazioni, la fidanzata accusava Gherardi di non aver chiamato l'ambulanza.

Per gli inquirenti, la rapina e la sua buona riuscita sarebbero state più importanti della salute della vittima: "Si ritiene, quindi, che gli indagati avessero accettato il rischio di verificazione dell’elemento morto", scrive il giudice nell'ordinanza.

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