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“Dopo 15 anni a Milano sono costretta a condividere casa”: la denuncia di un’insegnante di 39 anni

“Milano ormai è la mia città e la amo, ma io non riesco più a viverci. Sopravvivo, non vivo”. Così un’insegnante di 39 anni racconta a Fanpage.it i sacrifici che è costretta a fare con uno stipendio da 1500 euro e un affitto da 700 euro.
A cura di Francesca Del Boca
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"Ormai spero solo che accada un miracolo, qualcosa che mi trattenga qui e mi impedisca di andare via. Questa è la mia città e la amo, ma io non riesco più a viverci. Sopravvivo, non vivo. E a 39 anni sono costretta a condividere casa".

Ludovica M. fa l'insegnante in un quartiere a Est di Milano, e proviene da un piccolo paese della Calabria. Dopo la laurea a Cosenza si è trasferita subito al Nord, per diventare docente di ruolo dopo un paio d'anni. "Sapevo che Milano era una realtà che mi avrebbe dato la possibilità di trovare subito una cattedra, e così è stato. Ma a quel tempo, circa 15 anni fa, era molto diversa".

Dove abitavi, al tempo? 

All'epoca condividevo casa con una coinquilina della mia età, pagavo intorno ai 300 euro a stanza per abitare nella zona sopra piazzale Loreto. Quando ho deciso di fare il salto e andare a vivere da sola in un monolocale, invece, spendevo poco più di 500 euro.

Non ho mai comprato casa, finora, perché ero da sola e non avevo capitali alle spalle da investire o beni di famiglia da dare in garanzia. Senza contare che a inizio carriera, poi, avevo anche uno stipendio più basso. Così le banche, quando sono andata a chiedere, mi hanno negato la possibilità di accedere a un mutuo.

E oggi?

Fino a poco tempo fa vivevo da sola in una mansarda a Lambrate, dove peraltro il proprietario ha sempre preteso il pagamento in nero nonostante le mie richieste: il contratto mi faceva comodo per tante ragioni. Un giorno mi ha chiamato e mi ha comunicato che era costretto ad alzarmi l'affitto da 650 a 850 euro. Sempre in nero. "Sai, non è colpa mia, il mercato è cambiato", mi ha detto al telefono.

Così ho dovuto fare quello che a 39 anni non avrei mai voluto fare, ovvero mettermi a cercare una coinquilina. Sono tornata indietro dopo 14 anni da sola, per me è stata un'involuzione. Adesso pago una stanzetta 650 euro, spese escluse con bagno e cucina condivisi, nei dintorni di viale Romagna.

Tutto questo è assurdo. A volte mi sembra che sia caduto un meteorite che all'improvviso ha fatto impazzire le persone. Ormai si spendono cifre folli anche in pizzeria, tutto è cambiato.

Prima non era così?

Milano è una grande città, e come tale ovviamente costa di più rispetto a un paese. Ma un tempo ti permetteva comunque di costruire il tuo futuro, vivere le tante opportunità sociali e culturali sparse in giro per i quartieri. Oggi no.

E sì che io a Milano devo tutto. Venivo da una realtà chiusa e senza opportunità, qui sono cresciuta e ho imparato tanto. Ma oggi mi sento in gabbia. A quasi 40 anni non voglio più trovarmi a condividere casa.

Stai pensando di andartene?

Non potrei chiedere il trasferimento giù, non ci sono opportunità professionali. E poi in realtà non lo vorrei neanche, non so se potrei davvero tornare indietro. A volte penso di spostarmi a Genova, a Torino… ma è Milano la mia città. Ho costruito la mia vita qui da quasi 20 anni, qui ho i miei affetti, qui ho le mie abitudini. A 39 anni è difficile rimettersi in carreggiata, conoscere nuove persone, cambiare.

Milano la sento casa, ormai più della Calabria. Perché non posso più stare qui? È diventato quasi impossibile. Soprattutto se, come me, non hai risorse di famiglia alle spalle e sei single.

Da soli a Milano si fa più fatica?

Sì, assolutamente, in due si dividono le spese della casa. In caso contrario, pesa tutto sulle spalle del singolo. Ma è assurdo, significa che se non trovo un compagno non riuscirò mai a permettermi una casa?

In molti, davanti a queste storie, commentano: se il problema è Milano, basta andare ad abitare nei paesi dell'hinterland. 

Infatti sono andata anche a vivere a Cologno Monzese per un paio d'anni. Non pagavo molto meno di affitto, anche se sicuramente potevo disporre di spazi più ampi. Ma sono comunque tornata a Milano, a costo di stare in un appartamento più piccolo.

Come mai?

Abitare fuori Milano ha tanti limiti, e li ho provati sulla mia pelle. I mezzi sono comodi, sì, ma spesso poco sicuri. Ho vissuto più volte situazioni pericolose fuori dalla fermata della metropolitana, visto gente che spacciava o percorso tragitti a piedi verso casa di sera in strade vuote, buie.

Senza contare che, di fatto, mi ero tagliata fuori dalla mia cerchia di affetti e dalla mia quotidianità. E visto che non ho una famiglia che mi aspetta a casa, voglio poter essere libera di stare fuori anche dopo il lavoro.

Quale pensi potrebbe essere una possibile soluzione a tutto questo?

Non dico di aumentare gli stipendi, mi rendo conto che sia difficile… ma scalarci qualche tassa sullo stipendio già potrebbe essere una misura più fattibile. Nella mia ultima dichiarazione dei redditi, su ben 7mila euro versati ne sono riuscita a recuperare solo 231,17. È possibile? Non esiste nessun tipo di sostegno.

Vedo i miei parenti in Germania con bonus, detrazioni, agevolazioni di ogni genere. Perché è così difficile metterle in atto anche qui in Italia?

Milano è diventata una città per ricchi?

Sì, e mi fa male ammetterlo. Con uno stipendio come il mio, che è perfettamente nella media, si sopravvive a malapena. Mi sento precaria, sempre in bilico, in condizioni di vita non più accettabili. La casa non è un diritto, d'accordo, ma è un bisogno primario. Non dovrebbe essere motivo d'angoscia: a me è venuta la gastrite, è un pensiero fisso. In mezzo a sentimenti di rabbia e di delusione.

Ormai non vivo più Milano, devo campare con i miei 1500 euro. Esco poco, non vado alle mostre, cerco i ristoranti più economici e vado una volta al mese, l'aperitivo lo faccio nel bar dove sono certa di pagare poco, i fine settimana fuori porta si contano sulle dita di una mano.

Cosa pensi della protesta delle tende?

Già qui a Milano se ne parlava, ma bene che ci sia più attenzione sul tema. A volte penso che dovremmo manifestare anche noi insegnanti, magari scioperando, ma poi verremmo penalizzati con tagli sullo stipendio. E così siamo punto e a capo.

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