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“Chiudere un oratorio è sempre sbagliato ma noi preti siamo abbandonati”, parola di un sacerdote

Intervista a don Alessandro, sacerdote della parrocchia del Don Orione di Palermo, sulla scelta del Parroco di Cicognara di chiudere l’oratorio per la maleducazione dei ragazzi.
A cura di Filippo M. Capra
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Don Alessandro con un ragazzo della sua parrocchia
Don Alessandro con un ragazzo della sua parrocchia

Continua a tenere banco la chiusura dell'oratorio di Cicognara, paese del Mantovano, per mano del parroco Andrea Spreafico (intervistato da Fanpage.it). L'opinione pubblica si è divisa tra chi crede che il sacerdote abbia fatto bene e chi invece crede che non serva a nulla. Per capire meglio come un prete vive la gestione quotidiana di un oratorio, Fanpage.it ha interpellato Alessandro Digangi, sacerdote del Don Orione di Palermo che per oltre un decennio ha gestito l'oratorio del Don Orione di Milano.

Don Alessandro, come giudica la decisione di chiudere l'oratorio?

Chiudere l'oratorio è un atto dei più estremi, ma il problema è che lo si fa per disperazione. L'educatore in sé non chiude mai le porte perché si tratta di educare e questo implica lo stare insieme, stare vicino. Il parroco di Cicognara ha dovuto chiudere perché la situazione è degenerata. Lo capisco, perché spesso un prete sta da solo tutto il giorno per gestire un oratorio.

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Da voi a Palermo è mai capitato che doveste chiudere?

Qui ci sono personaggi che arrivano dalla strada. Anche il mio parroco, mentre io stavo male, ha chiuso quando due ragazzi sono entrati e hanno rotto i bagni dell'oratorio. Ha dovuto farlo, perché era da solo. Poi quando sono guarito ho avvicinato i ragazzi cercando di capire i motivi del gesto. Chiudere l'oratorio è uno degli atti più estremi e più inutili che possano esistere ma è anche vero che la maggior parte dei nostri oratori non hanno figure di riferimento e per un prete da solo è faticosissimo tenere la disciplina. Quindi chiude per evitare casini.

Qual è la soluzione?

Avere una maggiore collaborazione di laici e della comunità educante, ovvero tutti gli adulti che sono chiamati ad essere parte della grande famiglia dell'oratorio. Non si educa da soli, si fa sempre insieme. Sarebbe ora che gli oratori facessero più rete per mettersi in collegamento con il territorio e le associazioni.

Lei si è mosso in tal senso?

Sì, personalmente sto facendo una richiesta all'università di Palermo per avere ragazzi che fanno tirocinio di Psicologia e avere assistenza. Per loro è un'esperienza lavorativa e per me sarebbe un aiuto in più. Gli oratori rimangono il luogo che fa educazione vicino alla strada. Non esistono altre associazioni educative aperte al pubblico così importanti come l'oratorio.

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