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Avrebbero nascosto alcune prove del caso Eni-Nigeria, a processo i pm De Pasquale e Spadaro

I procuratori Fabio De Pasquale e Sergio Spadaro sono accusati di “rifiuto d’ufficio”. Secondo l’accusa, avrebbero nascosto prove del caso Eni-Nigeria che avrebbero favorito gli imputati.
A cura di Enrico Spaccini
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Il giudice dell'udienza preliminare del Tribunale di Brescia, Christian Colombo, ha rinviato a giudizio il procuratore aggiunto di Milano Fabio De Pasquale e il pm, ora alla procura europea, Sergio Spadaro per il reato di "rifiuto d'ufficio". Secondo l'accusa, i due avrebbero deciso "volontariamente" di non depositare a febbraio-marzo 2021 le prove segnalate dal loro collega Paolo Storari potenzialmente favorevoli agli imputati del processo per corruzione internazionale Eni-Nigeria. Il dibattimento è stato fissato per il prossimo 16 marzo.

Il caso Eni-Nigeria

De Pasquale e Spadaro avevano portato alla luce numerose conversazioni interne che, secondo loro, provavano un accordo corruttivo concretizzato nell'acquisizione della licenza petrolifera OPL245 a fronte del pagamento di una maxitangente da 1 miliardo e 100 milioni di euro. Tra gli altri, a processo finirono cinque manager di Eni, quattro di Shell, l'ex ministro del petrolio della Nigeria Dan Etete.

Alla fine, il 17 marzo 2021 i 13 imputati e le due società petrolifere furono tutti assolti perché "il fatto non sussiste". Un epilogo che non esclude il fatto che i due procuratori avrebbero lasciato i giudici e le difese all'oscuro di alcune prove che gli erano state segnalate dal loro collega Storari il 18 gennaio e il 19 febbraio in mail.

Le prove non depositate dai procuratori

Queste, infatti, avrebbero potuto avere conseguenze sull'attendibilità dell'accusatore, nonché coimputato, di Eni: l'ex dirigente Vincenzo Armanna, a quel tempo molto valorizzato da De Pasquale e Spadaro.

Le prove rivelerebbero che Armanna avesse amputato alcune parti di chat per nascondere un suo rapporto patrimoniale di 50mila dollari con il testimone che, a suo dire, avrebbe potuto confermare le accuse a Eni: il supposto agente segreto nigeriano "Victor". Inoltre, affermerebbero che Armanna aveva indottrinato l'uomo d'affari nigeriano Matthew Tonlagha sulle risposte da dare contro Eni e che aveva falsificato gli screenshot di alcune chat per farle sembrare scambiate nel 2013 con Descalzi e Granata (due imputati) quali depistatori delle inchieste.

Infine, i due pm saranno processati anche per il mancato deposito della videoregistrazione, effettuata clandestinamente nell'ufficio dell'imprenditore Ezio Bigotti, di un incontro del 2014 con Amara nel quale Armanna, due giorni prima, anticipava si sarebbe presentato in Procura con le prime accuse ai vertici Eni.

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