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Migranti minorenni costrette a prostituirsi, sgominata banda: “Ricatti con riti voodoo”

Sei nigeriani sono stati arrestati al termine di una complessa attività investigativa avviata all’inizio del giugno 2016, dopo le dichiarazioni di una migrante minorenne arrivata al porto di Pozzallo. Alla ragazza avevano promesso un lavoro lecito in Italia, ma invece era stata trasformata in una prostituta.
A cura di Susanna Picone
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Un gruppo di nigeriani, considerato il terminale in Italia di un'organizzazione che gestiva una tratta di loro connazionali, comprese delle ragazzine ancora minorenni da inserire nel mondo della prostituzione, è stato sgominato da un'operazione della polizia di Stato di Ragusa, coordinata dalla Dda della Procura di Catania. Tra i fermati ci sono Mondey Idhen, di 37 anni, il coetaneo Godmin Idehen, e la moglie di quest'ultimo, Osazee Egbenayaliya, di 29 anni. A loro è stato contestato il reato associazione per delinquere, tratta di connazionali, anche di minore età e favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. La coppia era destinataria anche di un mandato di cattura europeo, per lo stesso reato, emesso dal Belgio. Inoltre sono stati fermati Usas Harison, 31 anni, indagato per la tratta di una minorenne; e Lucky Aiyeki, 35 anni, e Nosa Uriah, di 25, accusati di spaccio di stupefacenti connesso al traffico di esseri umani. I sei sono stati fermati dalla polizia di Stato a Padova, su disposizione della Dda della Procura di Catania su indagini della squadra mobile di Ragusa.

Una migrante minorenne ha fatto arrestare i sei nigeriani

L'inchiesta “Broken chains” (Catene spezzate) era stata avviata dopo l'arrivo a Pozzallo nel maggio del 2016 di una migrante nigeriana minorenne che aveva detto di essere stata portata in Italia da un'organizzazione di trafficanti di essere umani con la promessa di un lavoro legale, ma che in realtà era destinata alla prostituzione. Le successive indagini hanno permesso di accertare che la vittima che aveva raccontato il suo calvario non rappresentava un caso isolato. A Padova operava un gruppo di nigeriani che era il terminale per l'Italia e il Nord Europa di un'organizzazione internazionale che gestiva un traffico di esseri umani e di immigrazione clandestina. L'attività tecnica ha documentato come i migranti venissero trattati alla stregua di merce, senza alcuna considerazione o rispetto per la vita umana (diverse le conversazioni registrate tra trafficanti libici e sodali in Italia nel corso delle quali i primi minacciavano di vendere le giovanissime ragazze in attesa di imbarco ove non fossero state soddisfatte le richieste di denaro avanzate).

Ricatti si basavano su riti voodoo e minacce varie

Riti voodoo, richieste di denaro alle famiglie, ragazze tenute prigioniere e fatte prostituire fin quando non arrivano i soldi. È questo lo scenario emerso dalle intercettazioni tra nigeriani eseguite nell'ambito delle indagini che hanno portato ai fermi. “Il ghanese chiede altri soldi, altrimenti le ragazze saranno cedute ad altre persone…”, è la preoccupazione espressa dalla banda accusata di tratta di essere umani. I ricatti si basavano appunto su riti voodoo e su minacce varie. “Dobbiamo farle il rito Woodoo – così un uomo intercettato – la madre della ragazza non vuole pagare. Lei è scappata e se non la recuperiamo i soldi sono perduti”.

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