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Migranti, la Cassazione: “Accogliere i gay che rischiano la persecuzione nei loro Paesi”

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso di un cittadino ivoriano, stabilendo che, per negare lo stato di rifugiati ai migranti omosessuali in pericolo di vita in caso di rimpatrio, è necessario accertare che nei Paesi d’origine i cittadini gay siano tutelati anche dalle persecuzioni dei familiari.
A cura di Tommaso Coluzzi
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Immagini di repertorio
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La Corte di Cassazione italiana ha stabilito che, per negare lo stato di rifugiati ai migranti che dichiarano di essere omosessuali e di essere in pericolo di vita se rimpatriati a causa del loro orientamento sessuale, servono particolari accortezze. È necessario prima accertarsi che nei Paesi d'origine non ci siano leggi discriminatorie contro i cittadini gay, poi verificare che le autorità del luogo tutelino adeguatamente gli omosessuali, ad esempio se colpiti da persecuzioni da parte della famiglia. La Cassazione ha spiegato il corretto svolgimento della procedura nell'ambito dell'accoglimento di un ricorso presentato da un cittadino gay della Costa d'Avorio, che era stato minacciato dai parenti in patria.

Bakayoko A. S. è il migrante protagonista di questa vicenda giudiziaria, che è arrivata fino alla Suprema Corte. La Commissione territoriale di Crotone non aveva concesso lo status di rifugiato all'uomo, sottolineando che "in Costa d'Avorio al contrario di altri Stati africani, l'omosessualità non è considerata un reato, né lo Stato presenta una condizione di conflitto armato o violenza diffusa". In sostanza per la Commissione non sarebbe stato pericoloso, per il migrante ivoriano, essere rimpatriato nel Paese d'origine. Ma per i membri della Cassazione questo non basta, ma "serve accertare l'adeguata protezione statale per minacce provenienti da soggetti privati".

L'uomo aveva raccontato nei dettagli la vicenda che lo riguarda. Bakayoko ha spiegato di essere di religione musulmana, sposato con due figli, e di essere diventato oggetto "di disprezzo e accuse da parte di sua moglie e di suo padre dopo aver intrattenuto una relazione omosessuale". L'ivoriano aveva deciso di fuggire dal Paese africano quando il suo partner era stato "ucciso in circostanze non note, a suo dire ad opera di suo padre", che è anche l'imam del suo villaggio. Per la Cassazione rifiutargli la protezione e lo stato di rifugiato "non è conforme a diritto", perché non è stata accertato prima se nel suo Paese sarebbe tutelato dalle minacce dei suoi familiari.

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