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Migranti, il mondo ecclesiastico contro Salvini: 10 giorni di sciopero della fame per chiusura dei porti

Dopo l’iniziativa delle magliette rosse contro la chiusura dei porti, è il mondo ecclesiastico a voler lanciare un messaggio in favore dei migranti con il ‘Digiuno di giustizia’: uno sciopero della fame a staffetta che durerà 10 giorni per esprimere la contrarietà rispetto alle politiche del governo e del ministro dell’Interno Matteo Salvini sul tema dei migranti.
A cura di Stefano Rizzuti
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Dopo l’iniziativa delle magliette rosse lanciata da Libera, a mobilitarsi contro la politica del governo in tema di migranti arriva anche il mondo ecclesiastico che vuole lanciare un messaggio al ministro dell’Interno Matteo Salvini e a tutto l’esecutivo attraverso uno sciopero della fame. L’appello è rivolto “a tutti gli uomini e donne di buona volontà”, affinché si ponga l’attenzione su una politica definita “discriminatoria”. E lo strumento più idoneo non può che essere quello per eccellenza della non violenza: il digiuno. La protesta è chiaramente contro il governo che ha deciso “di non accogliere, di chiudere i porti alle navi delle Ong e affida” il compito di salvare vita in mare alla Guardia costiera libica “che se salverà i migranti li riporterà nell’inferno che è la Libia”. L’iniziativa è partita da padre Alex Zanotelli, a nome dei missionari Comboniani. Insieme a lui i principali promotori sono monsignor Raffaele Nogaro (vescovo emerito di Caserta), don Alessandro Santoro (Comunità delle Piagge di Firenze), suor Rita Giaretta (Casa Ruth, Caserta) e padre Giorgio Ghezzi (religioso Sacramentino).

La mobilitazione, chiamata Digiuno di giustizia, avrà inizio oggi, martedì 10 luglio, in un luogo particolarmente significativo per il mondo ecclesiastico: piazza San Pietro. Dopo l’angelus del Papa delle 12, si chiederà a tutto il panorama cattolico di accettare l’invito e accodarsi al digiuno. Ma l’invito è esteso anche a chi a questo mondo non appartiene, per lanciare un messaggio di umanità. Molte associazioni e singole persone hanno già aderito all’appello. Dopo l’Angelus i manifestanti si sposteranno in corteo fino a piazza Montecitorio, dove rimarranno in presidio per dieci giorni alternandosi tra di loro, dalle 8 alle 14. Una vera e propria staffetta che riguarderà non solo i presenti ma anche coloro che hanno deciso di aderire a distanza non potendo essere a Roma: al loro posto verranno messi dei cartelli con i loro volti.

Il digiuno durerà per dieci giorni, con una staffetta tra chi prenderà parte all’iniziativa. Si richiede a tutti i partecipanti un digiuno minimo di una giornata, ma c’è anche chi – come le suore di San Tommaso – porterà avanti lo sciopero della fame per tutti e dieci i giorni. L’appello lanciato negli scorsi giorni prende spunto anche dalle parole che Papa Francesco pronunciò durante la messa a Lampedusa “per le 33.000 vittime accertate nel Mediterraneo per le politiche restrittive della ‘Fortezza Europa’”: “Avete mai pianto, quando avete visto affondare un barcone di migranti?”, affermò il Pontefice.

È il naufragio dei migranti, dei poveri, dei disperati – si legge nella nota inviata per annunciare l’iniziativa – ma è anche il naufragio dell’Europa e dei suoi ideali di essere la ‘patria dei diritti umani’. La Carta della Ue afferma: ‘La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata’. È un crimine contro l’umanità, un’umanità impoverita e disperata, perpetrato dall’opulenta Europa che rifiuta chi bussa alla sua porta”.

L’allarme che viene lanciato riguarda i continui naufragi a cui stiamo assistendo: “L’Onu parla di oltre mille morti in questi mesi. Papa Francesco ha fatto sue le parole dell’arcivescovo Hyeronymous di Grecia pronunciate nel campo profughi di Lesbos: ‘Chi vede gli occhi dei bambini che incontriamo nei campi profughi, è in grado di riconoscere immediatamente la ‘bancarotta dell’umanità. È il sangue degli impoveriti, degli ultimi che interpella tutti noi, in particolare noi cristiani che saremo giudicati su: ‘Ero straniero … e non mi avete accolto’. Noi chiediamo a tutti i credenti di reagire, di gridare il proprio dissenso davanti a queste politiche disumane”.

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