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Migranti, condanna a 18 anni per il capitano del naufragio che costò la vita a 700 persone

Il Tribunale di Catania ha condannato il 27enne Mohamed Alì Malek insieme al suo secondo come responsabile della tragedia in mare del 18 aprile 2015 in cui morirono oltre 700 migranti.
A cura di Antonio Palma
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Diciotto anni di reclusione per il “capitano", il tunisino 27enne Mohamed Alì Malek, e cinque anni per il suo “mozzo”, il siriano 25enne Mahmud Bikhit. Si è concluso con queste due condanne il processo nei confronti dei due presunti scafisti del terribile naufragio avvenuto il 18 aprile 2015 al largo della Libia in cui morirono oltre 700 migranti. Il Giudice per le udienze preliminari di Catania, Daniela Monaco Crea, infatti ha ritenuto i due imputati colpevoli del reato di immigrazione clandestina, ma per il capitano è scattata a anche la condanna per omicidio colposo plurimo e naufragio. Accolte così quasi interamente le richieste della Procura di Catania che aveva sollecitato la condanna di Malek a 18 anni e di Bikhit a sei anni.

Il Giudice inoltre ha disposto per i due imputati le condanne accessorie dell'interdizione perpetua dai pubblici uffici e la sospensione dall'esercizio della patria potestà. Infine previsto anche un risarcimento di 9,3 milioni di euro per le 728 vittime accertate, compresi i 28 superstiti, anche se evidentemente nessuno dei due imputati al momento è in grado di pagare. Gli imputati, già detenuti, si sono sempre proclamati innocenti, sostenendo di essere dei semplici passeggeri come gli altri migranti. Ad incastrarli però le testimonianze degli stessi superstiti che hanno indicato con certezza i due scafisti, ma anche le rivelazioni dell’aiutante che ha accusato Malek di essere il comandante.

Secondo l'ipotesi accusatoria, il naufragio "fu determinato da una serie di concause, tra cui il sovraffollamento dell'imbarcazione e le errate manovre compiute dallo scafista, che portarono il peschereccio a collidere col mercantile King Jacob", intervenuto per soccorre i migranti. Secondo le testimonianze dei pochi sopravvissuti e del personale del mercantile, infatti, è stato stabilito che il comandante era ubriaco e dopo aver lanciato un messaggio di aiuto sbagliò manovra facendo rovesciare il barcone e provocando l'orribile morte dei miranti annegati nel ventre della nave.

"La sentenza afferma due importanti principi giuridici, avvalorati anche da una pronuncia dalla Cassazione, da tempo portata avanti dalla Procura di Catania che per prima ne ha sostenuto la legittimità: la giurisdizione e il riconoscimento delle parti offese" ha spiegato il procuratore Carmelo Zuccaro. La decisione del Gup "ha riaffermato la legittimità italiana per i delitti di favoreggiamento dell'immigrazione irregolare commessi in acque internazionali ma con una preordinata richiesta di soccorso in mare da parte dei trafficanti, ed ha sancito la qualità di persone offese, e non di indagati in procedimento connesso, per i migranti tratti in salvo prima dell'arrivo in Italia" ha sottolineato il Procuratore.

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