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“Mi hanno assolto, ma lo Stato mi tiene ai domiciliari, aiutatemi”, la lettera di un 40enne invoca giustizia

“Non posso andare a lavorare e guadagnarmi da vivere, aiutatemi”. Così in una lettera agli organi di stampa un 40enne di San Benedetto dei Marsi (Aquila). L’uomo, pur assolto dalle accuse a suo carico è ancora ristretto ai domiciliari. “Stremato dalle continue lungaggini giudiziarie, sono ormai arrivato ad uno stato di disperazione”.
A cura di Redazione
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"Sono stato assolto, ma lo Stato mi tiene ai domiciliari, sono disperato". È il grido di aiuto di un Roberto Di Genova, 40enne di San Benedetto dei Marsi (Aquila), che in una lettera inviata alle redazioni di giornali e agenzie, racconta la sua storia. "Sono ancora oggi detenuto agli arresti domiciliari  – scrive Roberto – nonostante una sentenza di assoluzione del 7 febbraio 2019".  "Stremato dalle continue lungaggini giudiziarie – prosegue nella lettera Di Genova – sono ormai arrivato ad uno stato di disperazione. Da più di otto mesi non posso andare a lavorare, mangio sulle spalle di mio padre 70enne che percepisce una pensione di 500 euro al mese. Mi hanno staccato le utenze domestiche: si possono immaginare le condizioni fisiche e psicologiche in cui mi trovo".

"Dal 16 gennaio 2019 – spiega – è stato emesso un provvedimento di riduzione della misura cautelare dal Tribunale di Avezzano, che come detto, si è tradotta in una sentenza di assoluzione. Il tribunale di Pescara, dove è in corso un altro procedimento a mio carico, appellandosi a cavilli burocratici, rifiuta di adeguarsi alla sentenza dei loro colleghi di Avezzano. La conclusione è che io sto morendo di fame, sto trascinando sul baratro anche quel pover'uomo di mio padre. Chiedo che mi venga riconosciuto uno dei diritti fondamentali di ogni uomo e cioè quello di andare a lavorare e guadagnarmi da vivere in attesa che l'iter giudiziario faccia il suo corso".

L'uomo era accusato di tentato omicidio per un episodio avvenuto alla stazione ferroviaria di Pescina (L'Aquila) il 29 giugno scorso. La polizia era intervenuta mentre il 40enne inveiva contro la moglie, che vive a Scafa (Pescara) e dalla quale era separato dal marzo 2018, brandendo un martello. Una scena che gli è costata l'accusa di tentato omicidio, dalla quale sarebbe poi stato assolto. "Non è stata accettata – spiega Serena Gasperini, l'avvocato del 40enne – la richiesta di modifica della misura cautelare via Pec perché secondo il Tribunale di Pescara non si avrebbe la certezza di chi ha inviato".

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