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Medici ritardano parto: bimbo nasce con encefalopatia, Asl condannata a pagare 3 milioni

“Nostro figlio è cerebroleso dalla nascita per ritardi al momento del parto. Nessuna cifra potrà mai risarcire la sua e la nostra vita”. Queste le parole della coppia pesarese che dovrà vedere crescere il proprio bambino affetto da encefalopatia “per ritardi al momento del parto”.
A cura di Biagio Chiariello
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Encefalopatia ipossico ischemico. Una diagnosi scioccante che ha segnato per sempre la vita del loro bambino venuto al mondo nell’autunno del 2009 all’ospedale Infermi di Rimini. Il piccolo è nato cerebroleso per ritardi nell’induzione del parto e per questo motivo il Tribunale di Rimini ha condannato l'Ausl Romagna a un risarcimento di 3 milioni di euro in favore di due genitori pesaresi, 44 anni lui, 37 lei (assistiti dall'avvocato Bruno Barbieri del foro di Pesaro), e al figlio di 8 anni affetto dalla nascita da questo terribile male. “Nostro figlio è cerebroleso dalla nascita per ritardi al momento del parto. Nessuna cifra potrà mai risarcire la sua e la nostra vita” ha spiegato la coppia.

La donna si era presentata all’ospedale di Rimini nell’autunno del 2009, a 39 settimane e 4 giorni di gravidanza con una prematura rottura delle membrane, come racconta Il Resto Del Carlino. I medici avrebbero atteso 31 ore prima di stimolare il travaglio per far nascere il bimbo. Un ritardo risultato fatale, secondo il Tribunale di Rimini; tale da provocare al neonato una lesione cerebrale irreversibile. Il piccolo non potrà mai né correre, né ridere come gli altri. Per questo motivo la famiglia ha deciso di presentare denuncia conto l’Ausl.  Le perizie compiute dagli esperti del Tribunale hanno infatti confermato che “i danni cerebrali irreversibili del minore sono integralmente ascrivibili alla condotta dei sanitari. Se il travaglio fosse stato indotto cinque ore prima si sarebbero evitati gli esiti dell’asfissia acuta” si legge nella sentenza. E sempre i giudici scrivono che “è emerso che i sanitari hanno violato la regola prudenziale che, in presenza di aumentato rischio infettivo, suggerisce l’induzione del parto al fine di fronteggiare le complicanze quali ipossia”.

E così è arrivata la condanna. “Mi auguro che l’Ausl provveda ad ottemperare a questa sentenza in tempi brevi. Fino ad ora nessuno si è fatto vivo”, è il commento dell’avvocato Barbieri. “È ancora più doloroso sapere che la tragica condizione a cui è stato condannato nostro figlio è dovuto a una negligenza dell’ospedale e non dipende dal destino. Nessuna cifra potrà mai risarcire la vita del nostro bambino”, è il commento dei genitori.

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