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“Matteo, alzati”: scatta il blitz ma il superlatitante di mafia Messina Denaro non c’è

I carabinieri hanno intercettato la frase il 24 marzo del 2016. A parlare è un uomo arrestato nel corso di un blitz contro la mafia a Trapani. Dopo aver registrato l’invito ad alzarsi, i militari hanno organizzato un blitz per arrestare la primula rossa: ma il superboss non era in quel casolare.
A cura di Redazione
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"Matteo, susiti" ("Matteo, alzati"): l'invito, pronunciato con una voce ferma e in stretto dialetto, è rivolto al superlatitante Matteo Messina Denaro. Ne sono convinti i carabinieri che hanno ascoltato (e registrato) queste parole il 24 marzo del 2016. La notizia è stata diffusa oggi, il giorno dopo un blitz avvenuto ieri a Trapani che ha portato all'arresto di Calogero Luppino, imprenditore attivo nel settore delle scommesse e dei giochi online (arrestato insieme ad altre due persone con l’accusa di estorsione e associazione mafiosa).

Ma facciamo un passo indietro: è il 26 marzo di tre anni fa. Gli investigatori, da anni sulle tracce del latitante mafioso Matteo Messina Denaro, intercettano un uomo a bordo della sua auto. Il Gps montato dai militari a bordo del veicolo segna un punto preciso. Si trova nelle campagne di Campobello di Mazara (Trapani) in contrada Fontanelle. L'uomo alla guida del veicolo, dicono gli investigatori, è Francesco Catalanotto (arrestato ieri nel blitz): si avvicina col veicolo ad una casa rurale in piena campagna. Gli investigatori possono sentire ogni rumore, ogni minimo movimento.

I carabinieri all'ascolto sentono il rumore di un portone metallico, poi una frase in dialetto: "Matteo, susiti". A chi è rivolto quell'invito? A chi sta parlando Catalanotto? Per i carabinieri si tratta di Matteo Messina Denaro, ricercato dal 1993 e primula rossa di Cosa nostra. Un fantasma. I militari, dopo aver registrato quella breve conversazione, organizzano un blitz ma il tentativo di bloccare il superlatitante va a vuoto: Matteo Messina Denaro non è lì. Nonostante questo, però, scattano le indagini che porteranno, a distanza di alcuni mesi, all'operazione di ieri "mafiabet". Il proprietario di quel casolare, dove secondo gli investigatori si trovava il superboss, era di proprietà di Calogero Jonn Luppino, accusato di aver finanziato la famiglia del superlatitante e arrestato ieri su ordine della Procura. Di Matteo Messina Denaro, invece, ancora nessuna traccia.

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