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Martina: “Il Governo è diviso su tutto, a rischiare è l’Italia”

Il segretario del Partito Democratico respinge al mittente le accuse di “unità di vedute” con Forza Italia ma sottolinea: “Siamo chiaramente alternativi. Ma su alcuni temi come le infrastrutture o i vaccini è possibile fare fronte comune”. E avverte l’opposizione a sinistra: “Il Partito Democratico resta centrale”.
A cura di Redazione
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Torna a parlare il segretario del Partito Democratico Maurizio Martina, con una lunga intervista concessa al Quotidiano Nazionale in cui affronta i principali temi all'ordine del giorno della politica. Ma soprattutto una intervista in cui rilancia la sua proposta di una vasta alleanza per costruire un'alternativa al governo Lega – Movimento 5 Stelle: "Un nuovo centrosinistra, cioè a una forza ‘altra’ rispetto a Lega e 5 Stelle. Un’alleanza aperta, di cui faranno parte anche liste civiche […] Il Pd resta centrale. Non si tratta di andare oltre. Vogliamo cambiare e allargare. Lavorare con altri". Una alleanza di cui non farà parte Forza Italia, precisa: "Siamo chiaramente alternativi. Ma su alcuni temi come le infrastrutture o i vaccini è possibile fare fronte comune".

Nella lettura del segretario democratico bisogna fare in fretta perché a rischiare è l'Italia: "Il governo è diviso su tutto. È già costato agli italiani 5 miliardi. Forse la luna di miele non è ancora finita, ma i nodi verranno al pettine". C'è spazio per un passaggio sul decreto dignità e sulle polemiche interne al PD: "Chi dice che il decreto Di Maio è un provvedimento di sinistra dice il falso perché anziché combattere la precarietà, l’aumenta. Il salario minimo era nel programma dei grillini, ma pare se ne siano dimenticati".

Sull'organizzazione interna al partito non si sbilancia, spiegando ad esempio che "il tesseramento procede nei circoli" ma i dati verranno resi noti solo a fine anno. E Renzi? Martina glissa: "Adesso pensiamo a costruire un’alternativa di governo dove la lotta alla precarietà si fa, ad esempio, rendendo meno costosi i contratti a tempo indeterminato e introducendo il salario minimo".

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