Mafia: sequestrati 21 milioni di euro a un imprenditore. Aveva 66 case e ville e 19 auto
Una villa con tanto di piscina, terreni, appartamenti per un totale di 66 immobili. Ma anche tre aziende, 19 automobili, 36 rapporti bancari e 5 polizze vita, per un valore di quasi 21 milioni di euro. Sono i beni sequestrati dagli uomini della Guardia di Finanza del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, su delega della Procura, a un solo soggetto – Pietro Formoso – sorvegliato speciale di pubblica sicurezza, con obbligo di soggiorno e con precedenti penali per reati contro il patrimonio e la persona.
Diversi collaboratori di giustizia l'hanno indicato come ‘uomo d'onore' della famiglia mafiosa di Misilmeri di Palermo, legato da stretti vincoli di amicizia all'ex boss Benedetto Spera. Formoso avrebbe accumulato un vero e proprio tesoro grazie al traffico di droga ed è stato recentemente arrestato per mafia in seguito alle indagini coordinate dalla Dda di Palermo ed eseguite dalle Fiamme Gialle del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, del Nucleo Speciale di Polizia Valutaria, nonché dai Carabinieri di Palermo e Bagheria. L'inchiesta sul suo conto ha accertato che Formoso si era servito di prestanomi ai quali aveva intestato le aziende che si occupano di commercio all'ingrosso di carne ed un'impresa attiva nel comparto delle vendite di fabbricati e terreni, oltre che un vastissimo patrimonio immobiliare e finanziario.
Le società poste sotto sequestro nel settore delle carni sono la ditta "Zar Carni" e la "Zar Carni S.r.l.", diventate leader nel commercio all'ingrosso, intestate formalmente a Stefano Zarcone, considerato dagli inquirenti un prestanome di Formoso. Quest'ultimo ha esercitato la propria influenza sulle dinamiche imprenditoriali anche tramite il figlio Antonio, assunto come dipendente con mansioni di contabile. Le analisi effettuate durante le indagini hanno, in particolare, consentito di collegare temporalmente le fortune economiche delle aziende alle iniezioni di capitali freschi provenienti dai presunti traffici illeciti di Formoso ed all'inserimento delle stesse, che sembravano essere piccole realtà economiche ormai in grave crisi, nell'ambito delle imprese vicine a "Cosa Nostra".